Nel 1988 sono arrivata al mondo. Anzi, siamo arrivate in due. Io e la mia sorella gemella, Rosa. Già il fatto che lo metta nella prima riga della mia autobiografia può farvi intuire la portata di questo noi anziché io. Per anni ho cercato di definire i confini di Chiara-e-basta, confrontandomi e combattendo però con tutto ciò che Chiara non era. Così ho maturato non solo ambizione, ma anche competizione, non solo confronto ma anche scontro. Il non sapermi fare gli affari miei, d’altronde, mi ha portata alla fine a trovarmi. Fate bene attenzione: non ri-trovarmi, perché non mi ero mai persa – o almeno non avevo niente da perdere -, non a trovare la strada, perché quella, per fortuna, non l’ho ancora imboccata. Preferisco i sentierini e le passeggiate per ficcanasare il mondo, quelle in cui – credetemi, mi è successo davvero – sbatti contro un palo perché, anziché guardare davanti a te, sbirci che cosa accade all’interno di una stanza che dà sulla via. Che volevo scrivere l’ho capito a 8 anni, quando facevo anche per Rosa i pensierini assegnati dalla maestra. E non l’ho capito perché scrivevo per due (non ero mica scema: lei mi faceva i compiti di matematica), ma perché riuscivo, almeno sulla carta, a pensare con la mente di qualcun altro. Troppo facile, direte voi: era la tua gemella. Sì, ma ogni personaggio non è in fondo un gemello vicino o lontano, che ha qualcosa di identico e qualcosa di opposto all’autore che gli dà vita? Liceo linguistico, laurea in Scienze e tecnologie della comunicazione, master biennale in giornalismo, collaboratrice del Giornale di Brescia.