Arbitro cornuto
E’ sempre colpa sua. In pareggio, vittoria o sconfitta l’arbitro esce sempre con le ossa rotte, e resta incolpevole, forse, solo se riesce a passare inosservato. Se non è così nei campionati stranieri, o comunque lo è di meno, in Italia i direttori di gara certo scontano il rapporto malsano che gli italiani hanno col potere. Quella insofferenza che assale ad ogni trillo del fischietto, e che i tifosi ben conoscono, è figlia della difficoltà ad accettare le decisioni, ma anche e spesso dell’ignoranza delle regole del gioco, di cui l’arbitro è professionista. Perché, si sappia, il calcio è insieme il gioco più seguito e meno conosciuto. Alzi la mano chi ne ha mai letto il Regolamento (se siete curiosi potete scaricarlo qui), o anche solo visto una sua edizione. Nessuno. Ma vedo partite tutti i giorni, è la prima obiezione. Come se frequentando gli ospedali si diventasse medici, o andando con lo zoppo s’imparasse veramente a zoppicare. Le regole sono semplici, si dirà. Davvero? E quando un calcio di punizione è diretto? Quando indiretto? E se su rimessa dal fondo un difensore si fa un autogol che succede? E’ gol? Lo scoprirete, insieme a tante altre cose, leggendo questa rubrica, cogli spunti tecnici di Massimiliano Maccaus (associato Aia – Associazione Italiana Arbitri) e gli aneddoti di Matteo Bassioni. Dopo, vedrete le partite con occhi diversi.