I “libri che parlano di” sono un’arma a doppio taglio
I “libri che parlano di” sono sempre un’arma a doppio taglio, un po’ come la parola “integrazione”. Ho fatto questo
Leyla Khalil, classe ’91. Italo-libanese, scrittrice e mediatrice linguistica, ha operato nel campo dell’accoglienza e assistenza migranti e scoperto per caso che è il lavoro che vuole fare da grande. Ha vinto il Premio Slow Food-Terra Madre del concorso Lingua Madre e da quel momento ha iniziato ad approfondire le tematiche di cibo, culture, integrazione. Ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo, “Piani di fuga” (Ed. Ensemble) ordinabile in tutta Italia e online su Amazon e simili, ma già sta alle prese con nuovi taccuini e penne sparse per la camera. Di tanto in tanto, invece di scrivere, registra la sua voce. Bizzarro, ma se si pensa che il primo romanzo l’ha messo su unendo una sfilza di MMS è anche comprensibile.
La mia rubrica è La grasse matinée, fateci un salto!
I “libri che parlano di” sono sempre un’arma a doppio taglio, un po’ come la parola “integrazione”. Ho fatto questo
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Parliamo oggi di un Cohen che non è quello che ci si aspetta. Non è il buon Leonard, le cui
Chi fugge da una guerra e chi scappa dalla povertà, chi corre via da una natura avversa che ciclicamente fa
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Che il lavoro sociale dovrebbe rendere beneficio alla comunità tutta e non soltanto alle classi svantaggiate dovrebbe essere realtà condivisa,
Mesi fa, per caso, ho conosciuto la figura di Caterina Vizzani grazie alla giornalista Maria Teresa Carbone, che mi ha
Sono stata alla data padovana del tour di Andrés Neuman, precisamente alla libreria Zabarella, dove ha presentato “Le cose che
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