Leyla Khalil
Leyla Khalil, classe ’91. Italo-libanese, scrittrice e mediatrice linguistica, ha operato nel campo dell’accoglienza e assistenza migranti e scoperto per caso che è il lavoro che vuole fare da grande. Ha vinto il Premio Slow Food-Terra Madre del concorso Lingua Madre e da quel momento ha iniziato ad approfondire le tematiche di cibo, culture, integrazione. Ha pubblicato nel 2015 il suo primo romanzo, “Piani di fuga” (Ed. Ensemble) ordinabile in tutta Italia e online su Amazon e simili, ma già sta alle prese con nuovi taccuini e penne sparse per la camera. Di tanto in tanto, invece di scrivere, registra la sua voce. Bizzarro, ma se si pensa che il primo romanzo l’ha messo su unendo una sfilza di MMS è anche comprensibile.
La mia rubrica è La grasse matinée, fateci un salto!
Figuracce
“Dino”, storia di un angelo e di una corda recisa
Un angelo inatteso, irrequieto, imperfetto nella sua convinzione di perfezione, balbuziente perché disabituato all’eloquenza impura degli umani. Un angelo salterino,
AREM: E se il tuo ricordo più prezioso fosse messo in scena?
AREM è lo spettacolo che mette in scena i ricordi degli spettatori. Torna in scena anche in questo autuno
Quel dolce disorientarsi
Oggi iniziamo con la citazione a caldo: “La perdita dell’orientamento non è qualcosa che riguardi soltanto la nautica, è anche
“The Walk”, spettacolo urbano sulle tracce di un amico
“Questa è la mia voce: seguitemi.” ripete Roberta Bosetti, che compare nel non-palco di un punto qualsiasi di Roma come
Ti presento un lavoro: l’intervistatrice telefonica vista altrimenti
Oh voi, che avete sempre attaccato in faccia all’intervistatrice telefonici urlando parolacce: sapevate di essere una minoranza? Vergogna, eh? Eppure
Ti presento un mestiere: il correttore di bozze
Avete presente quando pensate ad un amico che fa una certa professione ma non arrivate ad immaginarne i dettagli, i
Nessuno è innocente
Non sono una foodblogger, non sono un cuoca e non sono neanche certa di potermi definire una lettrice costante al
Budapest, fastosa e fatiscente
“La Parigi dell’Est”, la chiamano. E io, innamorata persa della Parigi vera, non volevo crederci. Sono stata a Budapest un
Luoghi zero: la Circofficina
Chiamo “luoghi zero” quegli spazi meravigliosi dove puoi essere tutto e proporre tutto e imparare tutto senza andare a scuola
Mi rifiuto di chiamarlo doggy bag #2
Torniamo alla tematica doggy bag. Cercando un’immagine adatta all’articolo che ho scritto la scorsa volta, vado a finire in un blog anglofono