Basilio Milatos

Non è detto che si cerchi qualcuno nella vita, o che ci si cerchi. A volte ci si trova. Semplicemente. Non solo amori: vale anche per gli amici, o per quelle persone che per caso ti ritrovi sul tuo cammino e che in qualche modo diventano importanti. Un piccolo dono, permanente o transitorio che sia. Ci si trova ed è come scorgere un prezioso quadrifoglio all’improvviso, proprio mentre cammini nel bosco distrattamente, non cercando niente. Unica prescrizione tassativa: saperlo cogliere. Altrimenti anche un quadrifoglio fortuito sarà uno spreco…

Stesi sull’erba, una collina in lontananza, un cielo azzurro e riuscire a perdersi, fuori dallo spazio o dal tempo. Dimenticare ed essere dimenticati da ogni sovrastruttura. Dieci minuti, due ore o un giorno intero; un libro, un bicchiere di vino, una canzone nella testa da cantare al vento; oppure solo respirare aria a narici spalancate, in solitudine o con una buona compagnia. Ritrovare in quell’appagato bisogno di oblio la leggerezza perduta. Ristabilire il contatto col nostro essere più profondo, troppo spesso zittito o soffocato da tutti questi rumori di sottofondo, inutili, molesti. Il tempo dentro scatole più o meno piccole, più o meno soffocanti, richiede fughe: automobili, stanze, uffici, gabbie invisibili dove i nostri occhi non possono perdersi nell’infinito di un cielo sconfinato. Segnare in agenda, prego: prima possibile, abbandonarsi all’oblio

Dighe interiori cercasi. Invisibili, immateriali, ma molto solide e robuste. Per chi, stabilmente o solo qualche volta, bassa marea che diventa alta, ha la piena dentro e fa una fatica immane a contenerla dentro gli argini di un anelato e quasi mai raggiunto equilibrio, col rischio di esondazioni pericolose

Quella sensazione lì. Disorientamento, poi euforia, poi stanchezza, e poi di nuovo disorientamento. Quando hai perso la bussola, ma ti muovi, brancolando nel buio, poi sempre più spedito. Non sai bene dove stai andando ma senti che ti muovi. E ti prende una insana euforia. Sei fiero di te, nonostante tutto non ti sei fermato neanche stavolta, sei andato avanti comunque. Non sai bene dove, ma in movimento. Poi inizi a sentire la stanchezza, vuoi riposare. Cerchi di capire dove sei. E realizzi che ti sei mosso, sì. Ma facendo cerchi in tondo… ti sei mosso, hai faticato ma sei sempre nello stesso punto…

Siamo attratti e ammaliati da ciò che ci fa battere il cuore forte da impazzire. E istintivamente ci poniamo in modo più distaccato verso ciò che il cuore non lo sconvolge in vortici emozionali. Ma lo riscalda. Lo tiene al tepore della cura costante, della presenza discreta. Al riparo da oscillazioni rovinose e tempeste. Vogliamo il guscio protettivo intorno e poi il cielo stellato sconfinato sopra di noi. Vogliamo tutto. E tutto non si può 

Quando una lunga storia finisce, non è detto che ci sia una ragione scatenante sufficientemente valida; probabilmente, non ce n’era una sufficientemente valida quando a suo tempo nacque. Vuol dire che è un amore nato su proiezioni e fraintendimenti, su pilastri conficcati nella sabbia come “penso che cambierà”, “maturerà”, “è così ma solo perché finora non è stato/a con me”. Innamoratevi dell’essenza vera e profonda di una persona, oppure… lasciate perdere. L’essenza di una persona non cambia. Si smussano gli spigoli, si rinuncia a una parte, più o meno consistente, di egoismo, ma l’essenza non cambia. Quando, finalmente, la gente lo capisce, magari dopo anni, progetti, case, figli, crisi, terapie di coppie, ricerche di colpe da prendersi o attribuire, le storie finiscono. E si continua a cercare un perché…