Maria Clara Valenti

A che serve scrivere a che serve leggere imparare, conoscere. C’è un orologio su quel tavolo. Fa un ticchettio che mi obbliga al contatto col tempo, a capire. Prima che sia troppo tardi e io muoia nell’ignoranza. Sto urlando in mezzo al mare, lo facciamo tutti siamo ognuno su una barchetta alla deriva, il vento gioca a confonderci le parole, le aggroviglia tornano a noi echi di altri monologhi. Non ascoltiamo. Alla fine conta poco perchè siamo disperati. E paurosi e codardi. Fin quando non arriva qualcuno che se ne sta fiero deciso a non affogare e ci salva. La sua sacralità sta nell’indicarci che a ignoranza rispondiamo con conoscenza. Al rumore col silenzio. A bestialità, con ciò che di più umano abbiamo. La paura è positiva, se nel nostro navigare ci sono onestà e ragione. E se è tutta una questione di tempo, ci salva la memoria.

Ho un sole di nostalgia impigliato che litiga contro le montagne dei miei ricordi. Sembra che nel mio passato piovesse spesso e intanto ho perso l’abitudine della terra bagnata. Si è asciugata al forte vento che viene dall’Africa. Quante radici ha un albero, mi chiedo. Di quanti altri posti mi posso innamorare, quanti altri si faranno terra per farmi sentire figlia loro. Anche se mi ribello e faccio la voce grossa. Gli abbracci possono essere molteplici, me ne rendo conto. Tranquillizzano le inquietudini alla radice.