Angela Cimmino

Il mondo è un posto spaventoso. Il mondo è un posto bellissimo. L’acqua è fredda, mi immergo poco alla volta, cerco di abituarmi, di attutire l’impatto. Poi arriva un’onda e mi ritrovo completamente dentro, fluttuo e mi accorgo che l’acqua non era poi così fredda. Quello che mi spaventava non era altro che il riflesso distorto di una paura. Resto a galla senza sforzo.

Accarezzo nel palmo della mano tutta questa inutile ansia, queste sfiancanti paure che scivolano finalmente via. Finalmente ho capito che nemmeno l’Oceano è troppo freddo.

Il caffè del mattino è un rito, mette in ordine le cose, crea un inizio. Un risveglio. È un modo per dirsi buongiorno. Una scusa per offrire, per parlare, per guardare occhi ancora pieni di sonno. Ecco un caffè, ti ho pensato. Andiamo a prendere un caffè. È una scusa, lo so. Ma ho bisogno di una tazzina, di un bar, delle tue braccia conserte mentre mi ascolti, immersa tra i profumi dei cornetti e la consistenza schiumosa del cappuccino.

Si scrive caffè ma si legge in tante maniere così diverse. Quindi se io ti dico che ti offro un caffè, leggi dietro le mie parole, e non pensare mai che un caffè sia solo un banale caffè.

È venerdì, un giorno come un altro, eppure siamo leggeri. È venerdì, ma in realtà è il nostro sabato del villaggio, il giorno dei progetti, delle fantasticherie, del retrogusto del riposo in bocca e sul corpo.

È venerdì e ci lasciamo alle spalle le amarezze della settimana, le contratture, la lingua troppo lunga di qualcuno che ci ha ferito. È venerdì e, finalmente, viviamo come dovremmo vivere tutti i giorni.

I periodi di pausa sono dei respiri profondi e necessari, eppure quando ci troviamo fermi, in stand-by, ci sembra di essere tragicamente impantanati in qualcosa più grande di noi. In questi singhiozzi fatti di ore molli e di silenzi grevi ho imparato a respirare più a fondo, a sentire il ritmo rallentato del mio cuore, un po’ come succede sott’acqua quando il battito arriva fin dentro le orecchie.

Respiro e resto a gambe incrociate sul pavimento, lascio che questi capitoli fatti di pagine bianche mi aiutino a scrivere meglio la prossima storia, il prossimo inizio o, perché no, la prossima fine. Respiro e mi lascio immalinconire, ma racconto a me stessa che la malinconia è solo una poesia, un dolore dolce che ci fa piacere avere sul petto. Anche tu amico, ricordati di metterti in pausa, non disprezzare la lentezza di un cuore. Resta a gambe incrociate sul pavimento e aspetta insieme a me che questo singhiozzo scomposto del tempo finisca.