Amore, libertà, leggerezza. Terno secco!
Un monumento all’indolenza oppure un’ode alla capa tosta. Questione di punti di vista. Da che punto guardi il mondo tutto dipende. Qualche volta propendo per il primo, più spesso per il secondo. Ma entrambi hanno forza di verità, ciascuno a modo proprio. Come sempre, il giusto sta nel mezzo.
Parcheggiata lì davanti alla finestra, pur se con le ruote sgonfie, quella bici comprata mi ricorda sempre che non è mai troppo tardi per imparare.
A partire dai 40 (anni, però shhhh!!! Non lo scriviamo troppo forte), ho imparato a morire e a lasciare andare e a rinascere e a non essere mai sola neanche quando lo sono. E ho imparato la leggerezza. Come quando, pedalando, l’aria che ti viene incontro ti gonfia i polmoni e ti sembra di volare per quei piedi che finalmente si sono staccati da terra. Equilibrio, assenza di gravità e leggerezza, dunque, che si può imparare anche nel mezzo del cammin di nostra vita.
Così fu che avvenne l’incontro, la donna d’amore e la donna di libertà. Donna, nome comune di genere femminile. La Smorfia napoletana le assegna il numero 21 e l’aggettivo nuda, ‘a femmena annura. Senza veli, senza infingimenti, libera. Bene le si confà il numero 3, sia nella versione pagana della gatta secondo la tradizione ludica natalizia partenopea, ‘a jatta, animale magico, sia nella versione sacra della tradizione cristiana della Trinità.
Perciò è cosa buona e giusta, nonché saggia, che a ogni partenza si dica ricomincio da tre. D’altro canto, quando si viene al mondo per la prima volta, è da tre che si inizia: madre, padre, se stessi. Uno, due e tre! Pronti, partenza, via! Che il gioco della vita principi! Buon terno secco a tutti (ammèn)!