Parlando con Anassagora sul monte Bocco
L’altro giorno, seduto sul crinale che divide Emilia e Toscana, con un vento a raffiche che addentava le schiene sudate e suonava gli orifizi di un cumulo di pietre posticce, osservavo la distesa di polveri fini chiamata Pianura Padana e accarezzavo gli sterpi che soli, assieme ai mirtilli, osano crescere quassù. E poi pensavo. Pensavo a quanto aveva detto Anassagora un duemila e cinquecento circa anni fa. Che ogni cosa è composta di piccoli semi, che questi semi sono infiniti eppure in ogni cosa sono presenti tutti questi semi. Solo che alcuni di questi semi sono in maggioranza rispetto agli altri e questo dà la qualità all’oggetto che vediamo. Quindi in un legno saranno in maggioranza i semi di legno, in un sasso i semi di sasso. Tuttavia nel legno sono comunque presenti anche i semi di sasso e viceversa. Non è così difficile, non c’è di che spaventarsi. Vediamola così: siamo tutti la stessa cosa, solo combinata un po’ diversamente.
Certo Anassagora veniva da Mileto, che dava sul mare Egeo e non doveva essere particolarmente inquinata dalle triremi ancorate in porto. E pure Atene, dove aveva poi vissuto, era cosa diversa dalla massa di cemento che cinge oggi l’Acropoli per chilometri e chilometri. Io invece il buon Anassagora lo vorrei qui, che un posto tra gli sterpi lo troviamo ma per l’amor di Dio copriti bene che non sia mai, ad osservare quella massa grigia che si insinua tra le valli in basso e diventa pianura laggiù in fondo oltre le colline. Ora, tu te la senti di dire che parte dei semi che sono preponderanti in quella porcheria sono anche dentro di te? La verità è che purtroppo si, è vero e più che un filosofo ci vorrebbe un medico come Ippocrate a spiegare che di quei semi lì ne abbiamo i polmoni pieni.
Vabbè Anassagora, questi non sono tempi per gente come voi. Voi coltivavate l’ozio e ciondolavate nella piazza a pensare a questo e quell’altro. In fin dei conti la filosofia è nata anche per questo: non facevate un cazzo da mattina a sera. Ma non ti offendere, la mia è solamente invidia. Ora se permetti mi asciugo un po’ la schiena. No, non è l’Olimpo questo, ma per me va bene così. Dicevo: la mia è invidia. Questo strano mondo di oggi è molto differente rispetto al vostro. Le cose che dicevate le studiamo ancora, ma a farla da padrona è un’altra filosofia che hanno inventato altrove, in paesi del nord che voi ancora non conoscevate. Ora, questa filosofia è semplice: se ti fermi a pensare ti suonano il clacson, se rifletti hai bruciato i tuoi risparmi, se prendi tempo lo perdi, se non riesci la colpa è solamente tua. La tecnica ci ha fottuti, i soldi ci hanno scuoiati dell’anima. Stiamo meglio di voi per stare in definitiva peggio. E poi c’è di quella gente che dice di quelle cose in giro e per queste cose diventa pure famosa. Piuttosto i persiani tutta la vita. Lascia stare. Ascolta, vedi laggiù: ecco c’è la mia Polis. Non la vedi? Manco io. Lì succedono le cose. Quelle cose che noi chiamiamo opportunità e futuro, quelle che contano, quelle che bisogna esserci e basta. Atene, si, una cosa del genere. Ma senza Pericle.
Ora vieni, alzati. Occhio quando ti alzi, le gambe quando si raffreddano fanno strani scherzi. A proposito, eri proprio tu a sostenere che la percezione avviene per contrasto. Com’era? Ah giusto, dentro di noi abbiamo per esempio i semi del caldo e del freddo. Se nel corpo prevalgono i semi del caldo per contrasto sentiremo freddo e viceversa. Ecco, stai attento, appunto. Vieni, guarda. C’è un po’ di foschia anche nel versante di qua, ma vedi che splendore. Si, quello laggiù è il mare. C’è anche un’isola, si. Macché Samo, è la Palmaria. E vedi quelle valli qui sotto? Ecco, io sono originario di lì. Esatto, come Mileto. Ma senza triremi.
Ora, questa filosofia è semplice: se ti fermi a pensare ti suonano il clacson, se rifletti hai bruciato i tuoi risparmi, se prendi tempo lo perdi, se non riesci la colpa è solamente tua.
Ora però devo essermi riempito di semi caldi perché sento un po’ freddo.
Ma per amore di quell’intelletto divino che unisce i semi per creare le cose, mi si dica: da che parte scendo una buona volta?