Ci sei? Chi siete?
Particelle di polvere, come fiocchi di neve frizzanti, si spargevano dentro la stanza, il pulviscolo così disperso pareva uno stormo di uccellini in cerca di un luogo dove riposare, il Professore agitò le mani nel vuoto per spingere in alto quei corpuscoli vaganti. La casa, le pareti, i libri, i tappeti, le lampade, le carte, i vasi, i quadri, le sedie, i tavoli parevano insieme tutti festeggiare l’arrivo di una nuova stagione.
Ci sei? Chi siete?
Una forma di intermittenza della sua mente da qualche anno aveva occupato l’ordinaria percezione della realtà, il senso della ragione si era smarrito alterando la comune percezione delle cose. I fatti della vita, ad essere sinceri, per gli uomini non sono mai davvero così semplici da digerire, spesso la complessità ubriaca il buon senso, il dubbio aggroviglia l’istinto, l’incomprensione del mondo immobilizza ogni tentativo di reazione. Fragili e inquieti gli esseri umani sembrano ogni giorno impegnati in qualche battaglia, rinunciare ad essa non è facile, occorre sempre competere e credere di essere artefici del proprio destino, spesso si perde, qualche volta si pensa di avere vinto, ma questo è il rumore della vita!
Ci sei? Chi siete?
Il Professore aveva da anni rinunciato alla battaglia, sentiva di avere perso, di essere stato sconfitto, in fuga dalla babele della vita, dentro la sua mente il caos aveva preso il sopravvento. Chi siete?
Fu così, nella fuga, che il Professore turbava l’universo della sua realtà affondando la ragione giorno dopo giorno nella nebbia tra ciò che era stato e ciò che doveva ancora accadere, alterando stati di consapevolezza a momenti di assoluta follia.
Tutto accadde il 21 ottobre di quattro anni fa. Un tardo pomeriggio accendendo la luce del corridoio, chiudendo alle sue spalle la porta d’ingresso, fu invaso dal terrore. Si bloccò al centro del lungo corridoio ed ebbe paura. Chi c’è? Chi è là? Venite avanti! Chi siete?
La melodia di un tango, intanto, si arrampicava dalle pareti dell’atrio del palazzo sottolineando, adagio adagio, il timbro angoscioso, velato e spaventato della sua voce: C’è qualcuno? Chi è? Chi sei?
Nessuno di noi, suoi antichi allievi e fedeli amici, riuscì nel tempo a ricostruire i fatti accaduti. Il Professore era scomparso. Nessuno sapeva dove fosse andato, nessuno sapeva che fine avesse fatto.
Furono mesi molto confusi, ci furono appelli, inchieste della polizia, interrogatori, l’unica cosa certa fu la sua sparizione. Nessuna notizia, nessuna segnalazione. Non si seppe più dove fosse andato a finire. Il quattro gennaio il Professore fu dichiarato ufficialmente scomparso!
Qualcuno raccontò alla polizia: lui, il Professore, era convinto che la sua casa fosse frequentata di notte da estranei, lui stesso confessò ai vicini di casa di avere fatto conoscenza con un gruppo di persone. Un batterista di New York, una coppia di siriani entrambi esperti cuochi, un ragazzo libanese pratico di informatica e cantante rap, una ballerina parigina zoppa, ma in particolare parlava di una donna di Buenos Aires esile, elegante, un viso di porcellana avvolto da corti lisci neri capelli, una bellezza antica. Si chiamava Luisa. Gli estranei, raccontava il Professore, venivano a trovarlo la sera per andare via alle prime luci del giorno. Con loro il professore intraprendeva lunghe conversazioni, attorno alla tavola durante la cena si raccontavano storie… ridevano, si piacevano, ballavano, forse lui s’innamorò della donna argentina.
I vicini di casa del Professore mi dissero che tutte le notti, prima della sparizione, in quella casa accadevano cose strane. La Signora Paitta raccontò: tutte le luci ogni notte stavano accese fino all’alba, sentivo ridere, parlare cantare di continuo, ascoltavano fino al mattino musica e sentivo rumori di piatti e bicchieri. In quella casa c’erano i fantasmi.
L’avvocato Franzullo del piano terra disse: sembrava che lui avesse scambiato il giorno con la notte. Ogni notte una festa, musica a tutto volume. Non si viveva più! Io avrei dovuto chiamare la Polizia. L’ho detto più volte alla portiera.
La portiera: aveva una donna! Non capisco da dove entrava, io non ho mai visto passare nessuna femmina, ma sono certa che ogni notte una donna lo andava a trovare. Non ci sono altri ingressi, quella donna doveva passare davanti alla mia porta per andare dal Professore. Un mistero. In quella casa accadevano cose strane. Quella p… sarà stata una strega. Povero professore!
Solo qualche giorno fa, prendendo tra le mani un vecchio libro, regalatomi dal Professore in occasione di una mia festa di compleanno, “La nube purpurea” di M.P. Shiel, rilessi la sua dedica, scritta con la sua usuale elegante grafia: “Tanti auguri Gino, caro amico: nel sogno, nei sogni, nella notte nelle notti, nel buio, appena qualche stella, sfogliando le irreali inconsapevoli ma testarde storie piene di fantasie, di pretese avventure, di passaggi tra mondi diversi e sconosciuti mi sono accorto che ogni storia immaginaria interrotta nel sogno, da lì a qualche ora dopo, ricomincia a vivere là dove era rimasta sospesa. Dubita incessantemente per essere libero. Per sempre tuo amico, Prof A. B. Dolfuss.”