“Stringimi a te”, la testimonianza di Sarah
Sarah e Alesia.
È da qui che tutto ha inizio
Ciò che era prima la vita di madre e figlia, è come un libro di storia fatto di pagine ingiallite estremamente lontane nel tempo, nonostante si riferisca solo a un paio di manciate di anni fa.
Sarah Maestri consegna alla letteratura il compito di raccontare questa storia, e si libra nel racconto. Ed è subito immersione nelle fatiche di una maternità avuta in dotazione in una modalità tutt’altro che ricercata, tutt’altro che voluta, tutt’altro che immaginata. Si può dire che lei neanche c’era quando tutto prendeva forma. Lei era impegnata sui set, in mezzo alle persone, dentro la sua fede che spesso la portava in un altrove spirituale fatto di ricerca e approfondimento ed esperienze anche mistiche.
Sarah Maestri si libra nel racconto
Lei non ha donato la vita ad Alesia – scrive Sarah in copertina – ed è vero, ma solo nella misura in cui donare la vita significhi partorire, dare alla luce. Ma se donare la vita è effettivamente molto di più che semplicemente respirare, ecco che qui Sarah si sbaglia, perché la vita, fatta di amore e possibilità, quella sì, quella l’ha donata ad Alesia. E incredibilmente anche Alesia l’ha donata a lei. Perché anche se non ci si sofferma mai abbastanza, anche i figli donano la vita ai genitori, proiettandoli dentro un mondo imprevedibile dove la paura dell’abitudine diventa la magia della quotidianità.
La paura dell’abitudine diventa la magia della quotidianità
“Stringimi a te” racconta molto del sangue vivo che scorre in questa e in tutte le storie di adozioni, che non è meno nobile di quello sparso in sala parto. E’ solo tutto molto più incerto sulla possibilità che tutto vada per il verso giusto; e la “gestazione” non dura i nove canonici mesi, ma anni. Anni di dubbi e sofferenze. Di lontananza e strappi. Di occhi che chiedono di non essere abbandonati di nuovo e mani che non possono trattenere oltre qualche mese di ospitalità. Di cuori che si aprono e calici che raccolgono gocce di odissea. Anni in cui i sentimenti esistono e resistono, e la vita (quella fatta di vita non solo di nascita) diventa una trincea in cui stare sempre pronti a “caricare” sia per esigere diritti che per offrire amore.
Cuori che si aprono e calici che raccolgono gocce di odissea
E poi parlare di diritti da esigere è estremamente singolare, perché nel caso dell’adozione non si tratta di genitori che hanno ben il diritto e la libertà di partorire dei figli, ma il diritto dei bambini ad avere una famiglia. Quindi la battaglia dei genitori adottivi non è per un proprio diritto, ma per un diritto altrui, ottenibile grazie alla loro disponibilità, al loro amore, alla loro coscienza etica e sociale. Non solo coloro che non possono avere figli infatti adottano, ma anche coloro che pur essendo già genitori, capiscono che troppi bambini vivono senza una famiglia necessaria per la loro crescita, e allora provano a porvi rimedio. Adottare è una scelta che va oltre la naturale predisposizione ad averi figli o non poterli avere. Adottare significa prendere con sé la responsabilità di qualcuno che senza aiuto non potrà mai realizzare appieno la propria esistenza. Una scelta d’amore, non d’egoismo.
E Sarah lo dice con le parole estremamente significative di Don Tonino Bello:
“Amare vuol dire decentrarsi, uscire da sé. Dare senza chiedere. Soffrire per far cadere le squame dell’egoismo. Desiderare la felicità dell’altro”
La maternità di Sarah, raccontata con dovizia di dettagli, è un esempio di impegno umano, sociale e politico. IL libro è una radiografia degli eventi vissuti fuori e dentro di sé. E’ una narrazione scarna ed efficace, senza orpelli o divagazioni stilistiche, dove si vedono le ossa che prendono la forma di una maternità imprevista e travolgente, e talmente affascinante che potrebbe diventare il manifesto delle adozioni, perché onesta, perché non risparmia dolori e disagi in luogo di bei sentimenti e stucchevoli immagini di famiglia perfetta, e quindi inesistente.
Il libro è una radiografia degli eventi
Certo, mi rendo perfettamente conto che parlare di “maternità imprevista”, parlando di adozioni e lungaggini burocratiche – che si dipanano in interi lustri passati in bilico tra far trionfare l’umanità o sprofondare nel nulla – possa sembrare curioso, ma questo è quanto è successo a Sarah. E la maternità di Sarah non è imprevista perché ha preso in ritardo la pillola del giorno dopo, ma per aver ceduto all’amore improvviso e folle del fiume inarginabile che Alesia ha portato nella sua vita. Imprevista perché con una telefonata innocua di un amico che le chiedeva di prendersi cura di una bimba per un paio di giorni, è passata da gentile amica a convinta mamma. Il libro è il suono sensibile di uno strumento accordato a vibrazioni altissime. È il suono di Sarah e Alesia unite dal caso, ben coscienti tutti che il caso non esiste.