Furto 45 – La lettera
Andrea cammina per strada.
Guarda avanti per non pensare indietro, a ciò che è stato, a ciò che porta dentro il cuore. Andrea cammina e non sa dove andare, tutto sembra così uguale, senza colore né odore, inutile.
Si ferma su una panchina di via Gorizia. Accanto a lui, nessuno.
È allora che arriva una giovane ragazza dai capelli ricci, piange, ma tenta di nasconderlo. Si ferma poco distante, ha un foglio in mano e il suo cellulare. Andrea la guarda, solo per qualche attimo. Non se ne accorge. Prova a comporre un numero, avvicina il telefono all’orecchio, poi si pente. Di nuovo compone, di nuovo all’orecchio, di nuovo stacca. Cammina ancora avanti e indietro, piange, turbata, si mangia le unghie. Prova ancora, compone, orecchio, stavolta non butta giù.
“Pronto, sono io… No no, non staccare, devo solo leggerti una cosa e poi non ci sentiremo più, te lo prometto… Ascoltami, non staccare, giuro che è l’ultima volta che ti chiamo… Pronto… Pronto…”
È l’altra persona ad avere buttato giù, stavolta.
Rimane immobile a fissare il telefono, con lacrime come pioggia a bagnare le sue braccia. Si siede. Fissa il vuoto. Poi respira intensamente e inizia a leggere la lettera che tiene fra le mani.
Per quanto io mi sia impegnata, tanto, davvero tanto, la nostra storia è finita ugualmente. In questi giorni di febbre e letto forzato, il cervello ha galoppato, in maniera incontrollata e inarrestabile. Ed è stato il mio corpo a farsela venire questa febbre, a impormi di fermarmi, perché viaggiavo nella becera convinzione di essere sulla buona strada per superare quanto successo con te. E invece no, mi stavo solo riempendo di rumore, e di cose da fare, senza ascoltarmi, senza dare peso a quello che sto provando. Perché fa male, fa paura, e fa schifo, fa schifosamente schifo. Sai cosa mi fa rabbia? Il fatto che il controllo che ho dovuto avere in coppia, con te, ogni giorno, è stato estenuante. È stato davvero estenuante. Perché ti amavo talmente tanto che non volevo che tutte le mie paturnie alimentari, corporee, mentali, ricadessero su di te, su di noi, che in qualche modo potessero guastare quel sentimento che sentivo e vedevo crescere ogni giorno, e che non provavo da anni. Sentimento che ho difeso, prima di tutto da me stessa, perché ci sono stati giorni in cui ho dovuto fare violenza contro quella parte marcia di me che voleva arrendersi e ricadere nei soliti meccanismi autodistruttivi, autocommiserativi, i soliti meccanismi che ormai ho imparato a gestire, che sfido dritto negli occhi e pietrifico, ma che sono lì, immobili, a guardarmi, accesi come brace mai spenta. Io mi sono impegnata come una matta, ed è stato così estenuante che non appena tutto è finito per causa tua mi sono sentita completamente vuota e priva di energia. Completamente priva di energia. Non avevo mai provato una condizione così innaturale. Neanche per Francesco, con cui mi era scattata quella rabbia sana che in qualche modo mi aveva fatto reagire, malamente, ma reagire. E il problema è che in quei meccanismi di merda ci sono ricaduta, perdendo la capacità di ipercontrollo che mi permetteva di gestire tutto. Non riesco più a gestirmi come prima. Ed è colpa tua, ed è colpa mia.
Io ti odio, ti odio per quello che mi hai fatto, per il tuo egoismo, odio tutte le parole che hai pronunciato senza dargli peso, odio come hai scelto che dovesse finire la nostra storia, odio che non hai avuto il coraggio e l’umiltà di chiedermi scusa, e odio l’incapacità di capire quanto delicata e fragile era la persona che dicevi di amare. Odio che tu mi abbia lasciato le chiavi di casa nella cassetta postale, e la freddezza del tuo messaggio, come se fossi un corriere, come se non fossimo stati nulla. Odio come mi fai sentire, odio che mi hai incattivito, incattivito sì, e odio la paura che sento dentro nell’aprirmi ancora, e ancora scoprirmi in una disfatta. Ti odio. E odiare è così sfiancante.
Quella lettera Andrea la conserva ancora. Quella ragazza dai capelli ricci la lasciò sulla panchina, quasi a volersene liberare, quasi a voler ricominciare.
Foto 1 di Life Of Pix: https://www.pexels.com/it-it/foto/panca-in-legno-marrone-19591/
Foto 2 di Valeriia Miller: https://www.pexels.com/it-it/foto/cadere-profondita-di-campo-panchina-di-legno-foglie-secche-5579054/