Il teatro e (è) la vita
Mia preziosa Virginia eccomi. Non mi sono scordata della promessa, anzi il lungo tempo trascorso è trascorso così lungo perché ci ho pensato tanto a cosa scriverti. Non mi basterà mai scrivere solo per riempirti le giornate di parole, seppure pregne di domande e indagini, avrò sempre bisogno di sottoporti qualche riflessione che mi riguardi intimamente fino a farti entrare profondamente nella comprensione di me. Sono stata a teatro ieri, e mentre guardavo gli attori recitare mi vedevo, non sul palcoscenico al loro posto, ma nelle loro parole; vedevo ogni cosa che rappresentavano come un’invasione benefica e pacifica, era come se mi sollecitassero a capire che tutto quello che stavano dicendo riguardava me, o direttamente o indirettamente, e che tutta quella messa in scena era ad esclusivo mio appannaggio, perché io mi vedessi, mi capissi e mi comportassi, da quel momento in poi, di conseguenza. E lo dicevano a me come lo dicevano a tutti, ci sentivamo tutti chiamati in causa, era palpabile. So bene che la funzione del teatro è esattamente questa. Infatti ogni volta che ci vado mi succede sempre la stessa cosa e ogni volta, nonostante tutto, e anche “magicamente”, mi sorprendo che mi accada in questo modo così semplice e immediato, perentorio e definitivo.
tutta quella messa in scena era ad esclusivo mio appannaggio
Quando in scena ci sono io, la compenetrazione nell’intenzione del personaggio, e soprattutto del testo, è tanta e tale, dopo settimane e settimane di prove, che mi sembra quasi ovvio che io senta di essere quelle parole, e che ognuno, ricevendole, vi si “asserva”, passami il termine. Ma quando mi siedo da spettatrice, con per altro molta disponibilità all’ascolto e lasciando placidamente che le mani di un nuovo spettacolo mi plasmino, mi sorprendo di come sia tutto così esatto nel descrivere chi sono, anche se non lo sono. Perché se non lo sono non vuol dire che non lo possa diventare, nel bene e nel male. E quindi mi chiedo: se abituati a questo sin da piccoli, andare a teatro non sarebbe un confronto con se stessi che sentiremmo talmente necessario che non potremmo più farne a meno? E non sarebbe un modo per essere tutti più aperti, accoglienti e reciproci? IL teatro fa bene a chiunque, soprattutto a quelli che non lo sanno. E farebbe anche bene al potere, se il potere non avesse la spocchia che ha, ma la responsabilità di guidare e non gestire i popoli. Non mi sembra utopico che il teatro ci salvi. Il teatro ha in sé una magica forza demiurgica, e che ci salvi tutti non solo non mi sembra peregrino, ma addirittura a portata di mano.