Furto 43 – Fottuta
Mi chiamo Anna, ho diciassette anni e l’amore mi ha fottuta, letteralmente.
Avevo immaginato la mia prima volta in millemila modi diversi. Rossella mi aveva raccontato di lei, del mare, del rumore delle onde. Mi ha parlato della paura di non essere pronta, di sentirsi incapace, del dolore della rottura dell’imene, del pianto soffocato, della gioia. Federica dello stupore di sentirsi nuda e senza vergogna, con addosso solo il profumo di Giacomo, la passione della sua lingua, il bisogno di graffiarlo e sentire caldo, sentirsi viva.
Ho fatto anche un elenco, due in realtà: uno dei posti dove farlo e uno dei modi. Ho eliminato la spiaggia perché la sabbia non mi piace. Ho messo la mia camera in uno di quei giorni in cui i miei vanno al lago; il parco di via Roma e la sua macchina. Ho scritto del desiderio di volerlo romantico, o improvviso, con una candela accesa e dell’incenso al cardamomo, finendo poi per collegare i primi ai secondi, incrociare i luoghi e i modi e capire quale connubio fosse adatto, o assolutamente da evitare. Ma poi li ho strappati, mi sembrava come se stessi decidendo in che modo dovessi vivere o morire, e ho lasciato fare al caso, che il caso esiste, il caso sa, sa tutto.
L’amore mi ha fottuta, e mi ha fottuta perché ho creduto alla poesia, a quelle parole che ho scritto sul muro di via Piave, dietro la scuola, dimenticandomi che gli uomini, a volte, recitano versi di cui sconoscono le parole, e io ci sono cascata in pieno. Ho tradito me stessa.
In questi nove mesi ho camminato sentendo che qualcosa di sconosciuto mi stava attraversando, e invadendo, e cambiando; come quando si oltrepassa un ponte, fatto di ciottoli di ricordi, e di tempo, e di se, e di semmai, un ponte fra ciò che era e ciò che sarà. L’inaspettato.
I domani mi hanno sempre fatto paura. Anche da bambina, accucciata nel letto chiedevo alla mia mamma di raccontarmi una fiaba, un’altra e un’altra ancora. Era come se volessi che quella notte non finisse mai, come se avessi il timore che il domani facesse svanire ciò che era stato senza lasciare tracce, senza lasciare aria in me. Senza respiro.
L’amore mi ha fottuta, letteralmente.
Mi chiamo Anna, ho diciassette anni e oggi sono madre. E pensare che ieri ero ancora una bambina.
Foto di Nataliya Vaitkevich da https://www.pexels.com