Dialogo muto tra oculista sordo e intestino cieco
L’oculista. Sono talmente traumatizzata che anche il mio intestino cieco ha cambiato nome per evitare che il dottore si senta legittimato a metterci mano. Ora si chiama Loredana. Ogni volta che lo penso la pupilla mi si dilata spontaneamente per via dell’eccessiva dose di collirio che mi comminò in quella ferale seduta. Non si accorse che la mancata dilatazione era dovuta al fatto che avevo ancora l’occhio chiuso, dunque esagerò con le gocce al punto che, oltre a fissare il nuovo record di apnea sopra il livello del mare, approfittai per un cecap completo, ché con tutta quell’acqua in corpo l’ecografia alla vescica e alle ovaie sarebbe stata un successo.
-Signorina resista, così finisco la mappa corneale.
-Ancora? Sta forse usando Gugol strit viù?
-Signorina, a parte l’opinabile ironia, non so se ha notato che si alza intervalli di due minuti per urinare, guardi che non è normale. Ha forse ritenzione di liquidi? Ha problemi alla prostata?
Alla parola prostata associata alla mia femminea figura, ancorché da un medico, ebbi un sussulto cistifellico con epico scappellamento a destra. Tanto che le sentinelle in piedi del mio apparato riproduttivo iniziarono chi a sedersi, sconvolte dallo stress emotivo, chi a controllare in giro nel basso ventre per verificare se all’atto della mia nascita ci si fosse distratti da dettagli non esattamente trascurabili. E mentre, nel dubbio, iniziarono a organizzare sfilate e arcobaleni per il primo gheipraid arterioso, con percorso autorizzato da Via della Ghiandola Surrenale a Piazza Coccige, io avverti un brivido freddo e trasudai.
Sta forse usando Gugol strit viù?
La vendetta ebbe inizio:
-Scusi dottore ma quella foto con Rei Ciars è perché l’ha incontrato o perché ce l’aveva in cura? Non è che gli ha messo troppo collirio?
-Quello non è Rei Ciars.
-Ah, scusi con la pupilla dilatata non vedo bene. Volevo dire Stivi Uonder.
-Signorina quella foto è di quando partecipai ad un programma dal quale fui eliminato, ironia della sorte, alla domanda sulla rètina. Ma io lessi retìna e risposi male.
-Scusi dottore, non trova che la sorte abbia un’ironia più opinabile della mia?
-Orsù, mi lasci finire ché il suo occhio si asciuga subito e non so perché.
-Forse fa contatto con la prostata? – dissi tra me e me senza la volontà di coinvolgere l’urologo represso nei miei vaneggiamenti al vetriolo.
-In che senso contatto? Ha forse le lentine? Ha anche una ciglia sull’iride, aspetti che gliela levo.
-No, non è una ciglia, è il tergicristallo della lentina, se lo toglie e continua a far persistere nel mio occhio precipitazioni a carattere temporalesco, poi finisce che perdo la rotta e …“Il naufragar m’è dolce in questo mare”.
-Questo è facile – disse – la indovino con una: Loredana.
non trova che la sorte abbia un’ironia più opinabile della mia?
Raggelai. Rimasi catatonica e con i criceti in ammutinamento che iniziarono a scartavetrarmi la calotta cranica. Come aveva fatto a scoprire Loredana? Le sentinelle in piedi avevano tradito? Finsi disinteresse nel tentativo di eludere il nemico.
-Non sono Loredana, sono Annalisa.
-No, la sua citazione, dico. E’ Loredana Bertè e la canzone è “Il mare d’inverno”. Sono un intenditore. Non ho fatto il cantante perché mi sento portato per la medicina.
-Ma più che portato, dottore, non è che forse ce l’hanno mandato? In ogni caso scusi se non mi trattengo oltre, devo andare. Ho un appuntamento con Leopardi che vuole il mio parere su una canzone che ha scritto per Fedez.
-Signorina ma sta bene? Perché traballa? Vedo che ha le gambe che le fanno “giacomo giacomo”.
-Gliel’ho detto: devo incontrare Leopardi Leopardi. A proposito: tenga lei la mia mappa, io conosco la strada.
E guadagnai l’uscita. Conquistai la libertà felice e risoluta, anche se ancora instabile e claudicante, e questo sia per la vista sfocata, sia perché sconquassata dai dionisiaci festeggiamenti dell’allegro corteo colonscopico arrivato solo alla prima strofa di Ua iem si ei.