Scheda 7 – La storia di Temesghen
Scheda 7
Questa è la storia di Temesghen.
Entra accompagnato dalla madre. O meglio, è lui ad accompagnarla.
Lei è bellissima, ha un viso diverso dalle altre donne incontrate fin adesso. È magra, anche lei, ma il volto conserva una rotondità ammaliante. Sembra un viso occidentale dipinto di nero.
Ecco. È un ritratto perfetto.
È seduta su una sedia a rotelle, le gambe scheletriche.
Come ogni volta, procediamo con ordine e schematicità, ci facciamo consegnare la cartella clinica, ricaviamo il numero della scheda adottiva e controlliamo la foto.
Non è lui.
La traduttrice chiede di nuovo il nome alla madre che conferma ancora.
Temesghen, si chiama Temesghen.
Giriamo il computer verso di loro, ci guardano, è lui.
Lo guardiamo meglio.
Magro. Terribilmente magro rispetto all’anno scorso. Ma è lui in effetti. Ci scusiamo.
Ci spiega che è da poco finita la stagione dei fichi d’India. È stata dura perché c’erano tanti altri giovani ragazzi e lui, pur di raccoglierne quanti più possibile, restava per ore sotto il sole senza mangiare. E poi di corsa a venderli, altra sfida, altra battaglia di velocità.
Il suo papà è scomparso dopo la sua nascita.
Adesso ha compiuto 13 anni e ha dovuto ripetere la sesta classe in quanto ha fatto troppe assenze. La motivazione non gliela chiediamo. Ce l’ha appena detta, ce l’ha fatta capire.
Temesghen dopo la scuola ha il compito di raccogliere la legna e andare al pozzo a prendere l’acqua.
Rimane in piedi per tutto il tempo dietro la carrozzina della mamma.
Lei gli accarezza le mani. Ci dice che è un bravo ragazzo.
Anche la mamma cerca di darsi da fare. Fino a poco tempo fa faceva le acconciature nel suo villaggio, ma negli ultimi tempi ha avuto un calo improvviso della vista e ha dovuto cambiare mestiere. Cucina e vende i mandazi, delle frittelle a base di farina e spezie, anche se purtroppo gli ingredienti per cucinarle costano molto quindi smetterà e dovrà inventarsi qualcosa di nuovo.
Le chiediamo della casa.
Si sono trasferiti in un villaggio vicino Decamsarè per essere vicini all’ospedale. Temesghen deve venire spesso a prenderle delle medicine e la distanza prima era troppa.
Quando è necessario affittano una carrozzina in modo che non debba muoversi con l’aiuto delle sue braccia o essere portata a spalla da Temesghen.
Lei non ha una carrozzina sua.
Oggi, per esempio, ha preferito affittarla.
Ci dice che vivono in affitto e che hanno avuto da poco un aumento della richiesta, circa 1200 nacfa. Monica sobbalza, è una richiesta troppo alta per una famiglia così povera.
Fotografo il piccolo uomo.
Temesghen mi dice, e si mette a ridere.
Non capisco. Conosco il suo nome.
Temesghen, Temesghen.
Temesghen significa grazie, ma un grazie più profondo, un grazie a Dio, me lo spiega suor Laura.
E allora sì, temesghen piccolo Temesghen.
Foto ad uso gratuito da pexels.com