Pane, Ammore e Fantasia
“Carini, vero?”
Mi mostra una foto. Una coppia da oscar. Lui ha i capelli scuri pettinati da lingua di vacca, gli occhi azzurri e il baffetto alla Clark Gable. Lei una zazzera corta spettinata ad arte, lentiggini e naso all’insù.
“Carini, sì… lui è tuo genero?”
“No, ma è come se lo fosse, sai… È il ragazzo della migliore amica di mia figlia, praticamente sono sempre a casa nostra, da anni… mia figlia farà da testimone di nozze, presto, e noi li stiamo aiutando coi preparativi!”
Che tenerezza, penso, che bella coppia… La proprietaria della foto è una mia collega, o meglio era, ora è in pensione. Una delle più assidue al confessionale dalla sottoscritta tra una classe e l’altra. Lei è veramente bella. Nata ad Ischia da famiglia austroungarica, 61 anni per 1 metro e 75, occhi turchesi, pelle alabastro, tette e labbra fresche di chirurgia, ma fine, di classe.
Un divorzio milionario l’ha lasciata padrona di un attico sontuoso che divide con la madre e le due figlie altrettanto alte e bellissime, ormai ampiamente maggiorenni. Somiglia vagamente alla Barbara Bouchet, anche nella parlata. Per questo, all’epoca, si era presa il pollo ricco. Solo che il pollo, a detta sua, dopo il matrimonio si era rivelato essere un diavolo della Tasmania. Come penso da sempre, già tendono a fare schifo di default, figurati quando c’hanno i soldi, l’arroganza, dove li porta. Con molto dolore e disillusione e sconforto, i due avevano divorziato e lei gli aveva tolto pure le mutande, forte del comportamento inqualificabile di lui e dell’affidamento delle bambine. Era rimasta a piangere nella casona, viveva dell’amore per le bimbe, i cani, i gatti e il suo lavoro di insegnante e bon. Poi le bambine erano cresciute, entrambe si erano laureate, il padre le aveva raccomandate e lavoravano. La minore, futura testimone della sposa, era un architetto, come l’amica e il fidanzato. Freschi di laurea e in carriera rampante tutti e tre. Ma ogni famiglia Beautiful nasconde la sua fogna, come i poeti insegnano. Dal giorno della foto comincio a non vedere più la mia collega. Mi preoccupo e decido di telefonarle. Sento la voce rotta al telefono. Aveva preso qualche giorno dal lavoro, si scusava…
“Ma no, non devi mica scusarti, ero solo preoccupata… tutto bene?”
“Insomma, fa lei, è che ho un dubbio, non so cosa fare, se parlare”
“Ora mi preoccupi davvero, che è successo?”
In seguito avrei capito che l’aveva fatto apposta, di sparire ; aspettava che la contattassi perché il problema lo risolvessi io, che non c’entravo niente. Come mi succede di frequente, e senza parcella.
“Ecco, mi fa, ti ricordi dei futuri sposi, quelli che io e mia figlia stiamo aiutando per le nozze?”
“Ma sì, quel bel ragazzo, certo!”
“Ecco, quel bel ragazzo una sera, dopo cena, è rimasto con me sul divano a finire di vedere un thriller… alle ragazze non piaceva molto e sono uscite per un gelato… e rimaniamo soli. A un certo punto mi salta addosso come un gorilla, mi tocca dappertutto, mi ritrovo la sua faccia sul seno, la mano nelle mutande… una furia! E manco avevamo bevuto… Per evitarlo quasi faccio morire schiacciato Grisou ( l’anziano micio persiano attivo come un soprammobile), che era là accanto a noi sul divano… per fortuna si calma, ma mi guarda con gli occhi spiritati e dice: Mi hai sempre fatto sangue, lo sai, in questi anni… devi essere una bella porca, tu!”
Però, che linguaggio aulico, l’architetto, penso.
“E quanti anni avrebbe, ‘sto fiore di campo?”.
E lei farfuglia:
“Ventotto. Uno in più delle ragazze … Per me lui era un figlio, capisci!!!”
“Ma tu sei sicura di non averlo mai incoraggiato, anche inconsapevolmente?”
“Ma no, ti pare!!!”
“Era la prima volta da soli?”
“In casa sì, assolutamente… un giorno mi venne a prendere in moto dopo un collegio docenti e mi portò in un bar del centro per un aperitivo. E abbiamo parlato tanto, ma di lavoro, delle ragazze, però mi toccava la mano, il ginocchio…”
“E tu, che facevi, la statua di sale?”
“Io, io sono educata, mi conosci. Ho voluto interpretarli come gesti d’affetto…”
“E invece era un incoraggiamento, vedi… ai marpioni basta poco!”
E penso, ma questa la laurea dove l’ha trovata, nelle patatine? E lei che ora sta parlando a sé stessa, ripete :
“Un figlio, capisci…?”
Capisco sì, è una merda.
“E io ho tentato di ribattere, in piedi dietro una sedia: ma ci conosciamo da sei anni, ti stai per sposare con Livia… E lui risponde: Che c’entra Livia, io me la sposo, lei la amo, che ti credi! Ma a me piaci tu, sei più zoccola. Ci continuiamo a vedere, tanto saremo spesso da voi, sono così amiche, quelle due… Abiti pure vicino allo studio!”
Una merda organizzata, penso, mente matematica. La collega continua, in modalità melodramma:
“Non sai la fatica che ho fatto per mantenere la calma quando le ragazze sono rientrate, tutte contente, poco dopo. E dover fare finta di niente, quando avrei solo voluto urlare… e adesso non so che fare, un altro puttaniere come il mio ex marito… ma posso mai dire all’amica del cuore della mia bambina che tipo è? O magari è solo una sua crisi di panico prematrimoniale?”
“Ma quale crisi, amica mia … quello aveva già in testa i percorsi casa-lavoro per le sue porcate. È la sua natura. Racconta tutto a tua figlia, pregando che a lei non capiti mai uno così. Con questa mente perversa e disonesta già da ragazzino, figurati che soggetto diventa, all’età nostra. Deciderà tua figlia cosa fare. Se davvero vuole bene alla sua amica, deciderà la cosa giusta. Magari si scopre che non è la prima volta che succede, che la sua amica sa bene come è fatto e se lo tiene lo stesso… E poi, guarda il lato buono – mentre la sento soffocare i singhiozzi al telefono – fai sangue a uno bello e con trent’anni meno di te… la prossima estate, a Ischia, farai sfracelli”.
La sento ridere, finalmente. Missione compiuta.