Sulla felicità (e dintorni)
Un diamante allo stato grezzo. Un complimento, per me che preferisco le cruditè alle sofisticherie. Ché troppi orpelli servono a nascondere, a camuffare. E di travestimenti gradisco soltanto quelli carnascialeschi. Quindi sorrido, arrossisco e ringrazio.
Mentre ascolto l’eco che quelle parole producono in me, cercando di cogliere il senso più profondo delle emozioni che mi suscitano, penso che la felicità sia un’arte che si impara e che non vada messa da parte una volta appresa, ma condivisa affinché si moltiplichi all’infinito. Bisogna impararne l’odore e accettare che non sempre sia un profumo, perché la felicità non è sempre facile da sostenere. Saperla riconoscere come tale, distinguerla dal resto del fluire e darle il giusto valore non è da tutti.
In una celebre intervista rilasciata a Oriana Fallaci sulla felicità, Totò ebbe a dire: “Forse vi sono momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza”. Tra le cose belle che fanno la felicità c’è mio padre che mi osserva mentre sono allo specchio per truccarmi e mi dice che sono bellissima. Da quattro anni non c’è più, ma ho ancora il suo numero nella rubrica del cellulare. Lo avevo memorizzato come papino – gli piaceva tanto sentirsi chiamare così – ed è stato spiazzante vedere associato a quel nome la fotografia di un altro uomo.
“Un numero telefonico – ha scritto qualche giorno fa in un tweet l’attrice 80enne Paola Pitagora riferendosi alla scomparsa di Angelo Gugliemi, storico direttore di Rai3 – ha un significato immanente, di immediatezza: dici, lo faccio e quella persona risponde. Tenere quello di chi non c’è più va oltre la razionalità, logica vorrebbe che lo si eliminasse, ma imbattercisi mentre scorri gli altri nomi rafforza il filo della memoria”.
L’erede del numero di mio padre sembra avere un volto simpatico. Magari un giorno lo chiamo, chissà. Intanto quel numero lo lascio lì, a testimoniare che l’appartenenza resta anche quando si va via, anche quando il nome viene cancellato dall’anagrafe. Perché l’unica maniera di essere felici, a questo mondo, è appartenere a qualcuno, insegna quel gioiello cinematografico che è Colazione da Tiffany.
Foto copertina di di Denise Husted da Pixabay
Foto interna di Natalia Lavrinenko da Pixabay