Furto 42 – Giorgia e Leo
Si chiamano Giorgia e Leo.
Giorgia ha sempre avuto difficoltà a controllare le sue emozioni. Le dicevano di essere sboccata, esagerata, a tratti invadente. Ma lei se ne fotteva, e diceva a chi non gli sta bene può anche non parlarmi.
Leo invece è l’opposto. Cresciuto in una famiglia in cui i sentimenti vengono dopo il lavoro, non ha avuto nessuno ad insegnargli a dire ti amo, mi manchi, sei speciale per me, nessuno a dirgli tu vali.
Giorgia e Leo si sono incontrati davanti alla stazione centrale di Bari, si erano dati appuntamento lì perché Giorgia vive in città, Leo invece sta in un paese vicino. La prima cosa che Leo ha notato di Giorgia è la sua altezza. Perché Giorgia è alta, ha un collo lungo, dei capelli marrone castagna e le labbra carnose. Leo invece è riccio, porta degli occhiali tondi, indossa sempre vestiti freschi di ferro da stiro. Giorgia no, Giorgia preferisce abiti larghi, a volte non li stira, se ne fotte anche di questo.
Quel giorno hanno fatto una lunga passeggiata, si sono guardati da lontano e piano piano osservati da vicino, scoprendo che i loro odori andavano d’accordo.
L’indomani si sono rivisti, eccitati ed emozionati perché il cuore diceva di sì. All’improvviso una pioggia violenta, la corsa sotto i balconi, Giorgia che dice ti va di salire, qui fa freddo.
Leo aveva le scarpe e i calzini bagnati. Giorgia se n’è accorta e gliene ha prestati un paio dei suoi. Leo ha riso, ha riso perché dal nero dei suoi alle banane su sfondo blu di quelli di Giorgia c’era una strana e insolita affinità.
Il primo bacio.
Hanno iniziato ad amarsi lì, in quell’istante fatto di istanti, in quel siamo talmente diversi che facciamo ridere assieme, in quel non smettere di baciarmi, è così bello.
La prima notte che hanno fatto l’amore, Giorgia ha pianto in silenzio quando Leo si è addormentato. Ha pianto perché erano anni che corpo, mente e cuore non suonavano la stessa frequenza, e silenziosamente ha ringraziato Dio.
Tutto è stato naturale fra di loro. Lo spazzolino a casa di Giorgia, le cene con gli amici, i viaggi a Torino, in Grecia, le corse a chi doveva pagare per primo il conto, i mesi che passavano, la quotidianità che è diventata sana abitudine, rassicurazione.
È stato Leo il primo a scriverle Ti Amo. Giorgia non se l’aspettava perché era lei quella a fare prima le cose, era lei quella che diceva Leo non mi dici che ti manco da troppo tempo. Lui no, lui dosava le parole come sale sulla carne, lui diceva siete stati bravi quando Giorgia andava in scena con la sua compagnia e lei invece si aspettava un brava Giorgia, cazzo quanto sei stata brava. Però Giorgia questo l’aveva capito, e aveva imparato ad amare anche le parole nascoste nelle parole.
Il primo Ti Amo però è stato suo, scritto ma suo, di Leo, e Giorgia si è sentita amata.
Un viaggio fuori regione di Giorgia, Leo che inizia ad essere distante, scostante, non regge più lo sguardo di Giorgia, i Ti Amo. E lei con i suoi che c’è Leo, c’è qualcosa che non va, qualcosa che ti preoccupa, con me puoi parlare Leo, con me puoi stare a cuore aperto. […] No Giorgia, finiscila di farti pensieri, va tutto bene.
È stata lei a lasciare un biglietto sul tavolo di casa di Leo.
Non ce la faccio ad amare per tutti e due. Ti lascio un po’ di spazio, pensa a te, a me, a noi. Io ti aspetto. Ti aspetto qualsiasi cosa accadrà. Nel frigo ti ho lasciato la cena. Ti amo.
Attese che sono ferite, ferite che sono distanze, distanze che distruggono i piccoli tasselli impilati fino ad allora.
Si sono rivisti a Torre a Mare, dove avevano pranzato settimane prima con una paranza di pesce e mano nella mano.
Alle 16.45 Giorgia ha parcheggiato la sua auto.
Leo arriva con un pantalone bianco e una maglietta blu, ha i capelli appena tagliati. Camminano per un po’, parlano, a Giorgia tremano le gambe perché da tre notti ormai non dorme. Si siedono.
Cosa provi per me Leo?
Affetto, Giorgia.
Mi vuoi lasciare Leo?
Non lo so Giorgia, sono molto confuso.
Giorgia sentiva che doveva accompagnare Leo nel farsi lasciare. Non ne avevano il coraggio: lei di sentirselo dire, lui di dirlo, ma Giorgia doveva farlo, doveva fare questo atto d’amore per sé stessa, e accompagnare l’uomo che ancora amava a dirle che era tutto finito, perché sì, era tutto finito in Leo.
Leo che c’è? Hai paura di farmi stare male? Devi stare tranquillo Leo, parla a cuore aperto. Cosa vorresti fare adesso?
Non lo so, Giorgia. Ci vogliamo lasciare?
Io non ti lascio, Leo, io non ti posso lasciare perché ti amo… se la vuoi chiudere devi lasciarmi tu, Leo.
Giorgia non poteva prendersi il carico di ciò che stava accadendo, lui stava mandando tutto a puttane e doveva addossarsi la responsabilità di farlo, doveva lasciare a Giorgia qualcosa a cui aggrapparsi per andare avanti.
Leo abbassa gli occhi. Giorgia se ne accorge.
Non si erano ancora toccati. Giorgia allunga la mano e accarezza il viso di Leo. Gli occhi carichi di attesa e lacrime, e di speranza, ancora di speranza. Sente un calore che non ricordava più, la sua pelle sotto le dita.
Sono stato con una ragazza.
Quando, Leo?
Stamattina. Non so chi sia, una turista che mi ha invitato in albergo.
Silenzio.
Giorgia non ti amo più. Non possiamo stare assieme se io non ti amo, non è giusto per te e manco per me. Ti devo lasciare perché non ti amo Giorgia, ne soffrirai ma è meglio così, è meglio per tutti e due.
Leo avrebbe dovuto pronunciare queste parole, fermarsi a queste parole. L’amore non lo si può imporre, cresce come unghie sulle mani, inevitabilmente. E se si ferma, se l’amore si ferma nessuno può averne colpa, Leo non ne avrebbe avuto alcuna colpa.
E invece, dopo giorni e giorni di distanza l’uno dall’altra, l’aveva tradita proprio la mattina in cui si sarebbero rivisti, sferrando l’ultimo schiaffo in pieno viso a Giorgia, l’ultima manciata di sale sulla sua carne lacerata, alibi di un coraggio che Leo avrebbe dovuto avere, che Giorgia avrebbe meritato.
Dove vai Giorgia? Dove vai? Te ne stai andando? Giorgia… te ne stai andando? Giorgia…
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