New York, in fondo non sei così grande
New York New York. In tanti la cantano, in tanti la raccontano, in tanti se la inventano. New York l’ombelico del mondo, New York incubatrice di tutto ciò che altrove sembra impossibile, New York la città degli invisibili, New York dai mille accenti, dove comprendere l’uno e l’altro è come ballare una danza tribale.
ed ecco che in un batter d’occhio mi ritrovo a spuntare da una puzzolente stazione della metro sulla 34esima, in piena Manhattan all’incrocio con non so quale Avenue
per fare il povero a New York, devi essere come minimo un ricco italiano
E ti rendi conto che non puoi classificare nessuno di loro, ciascuno, qui a New York, è!
New York va vissuta a piedi. Metro solo quando serve, Taxi anche no. Devi lasciare che ti sorprenda. Altrimenti ti sembrerà solo cemento e vetro. E invece un sobbalzo al cuore avviene più spesso di quanto si possa pensare. Sulla 39esima, girando per caso lo sguardo, ho scoperto il Drama Book Shop, una delle più belle librerie che io conosca, praticamente dedicata a tutto ciò che ha a che fare con il teatro. Dopotutto siamo in zona Broadway…. L’atmosfera è inspiegabile! Sta lì dal 1917. A New York nelle cose ti ci devi imbattere, come nel quartiere dei sarti. Negozi e negozi pieni di tessuti, pizzi cerniere, bottoni, filo di mille colori. E un monumento sulla Fashion Avenue, alias settima, a ricordare che i sarti provenienti da tutto il mondo, hanno contribuito a rendere grande la città, praticamente e metaforicamente, insegnando l’arte del mettere insieme le cose per creare bellezza. “We come to the city as individuals, but together we make it great”.
Le sorprese non mancano mai se avrai voglia di stupirti. E così ti comparirà davanti all’improvviso il palazzo della Paramount, ti sembrerà di vedere una nota attrice davanti alle vetrine di Tiffany, sarai sopraffatto dalla grandiosità di Saint Patrick e di Saint Thomas sulla quinta, vedrai un sosia di Trump sotto l’omonimo grattacielo e ti verrà voglia di fuggire, ti misurerai con il lusso del Plaza. Oppure passeggiando vedrai degli alberi e realizzerai, emozionato come un bambino di otto anni, che sei a Central Park. Questa è New York, la magia, l’incalcolabile, l’imprevedibile. Dall’Italia mi suggerivano mille tappe, ma rinchiudermi dentro ad un museo, ad eccezione del Moma, proprio non mi andava. Quello puoi farlo dalla terza volta in poi in cui ci andrai, prima no, la devi scoprire consumando le suole. New York non è pianeggiante, lo sapevi? Eppure in tv sembra così. Il potere della finzione narrativa. E invece no, una bella passeggita da Downtown fino ad Uptown, devi fartela in salita, leggera salita, ma pur sempre salita. Così impari a non credere a tutto ciò che ti dice la tv e capirai meglio cosa voleva dire Billy Joel cantando Uptown Girl.
New York è un casino, una confusione di tutto. Quando l’ho lasciata, dopo quindici giorni abbondanti, avevo le lacrime agli occhi e la sensazione di aver sprecato tempo, di non aver visto tutto ciò che avrei potuto vedere. Ma in realtà non ero stato fermo un attimo, è proprio lei che è tanta. Ma nonostante questo è sembrata a mia misura. Un giorno, camminando sull’Hudson River, ho scorto in lontananza quella che mi sembrava la sagoma di una nave che lentamente si avvicinava. Beh, da sempre amo osservare le navi, dal balcone di casa mia lo faccio continuamente, anche mentre scrivo questo articolo. Mi sedetti su una panchina, sull’altra riva una serie di villette forse in stile coloniale, e attesi che arrivasse. Era molto più veloce di quanto credessi, rossa e nera e sfilò a pochi metri da me. New York non mi sembrò così immensa. Nello spazio contenuto dal mio sguardo avevo trovato anche io qualcosa di familiare.
New York puzza, New York è una Babele, New York ti respinge eppure a New York si ha voglia di tornare, anche se non hai il mito americano in testa e certamente non perché hai letto questo pezzo. A New York ci torni perché non la vedrai tutta neppure in due vite intere. A New York ci torni perché non è una città, è uno stato d’animo!
Le foto presenti in questo articolo sono di Umberto Zambrano.