L’arte della felicità
Alfredo B. Dolfuss era un uomo fortunato.
Per grande parte della sua esistenza, fin da adolescente, aveva imparato come far fermentare i molteplici enzimi prodotti dagli abbracci, baci e carezze di parenti e di compagne di giochi, senza capire, però, come questo tipo di approcci – così generosamente dispersi – avrebbero potuto trasformare la stabilità gerarchica dello spazio conquistato.
Alfredo aveva deciso di amministrare i propri desideri con disciplina e rigore. Un modo come un altro per piegare con dolcezza e senza contraccolpi la fortuna che la vita man mano gli andava offrendo.
Si era reso conto, ben presto, della facilità con cui la vita può essere una cosa anziché un’altra, può essere un incidente permanente d’infelicità senza via di fuga o una promozione ottimistica dell’essere che spalanca le porte della contentezza e dell’equilibrio. Così, seguendo alcune regole elementari, si era allenato ad adottare contro l’ostile destino, che ingombra spesso il cammino degli uomini insicuri e maldestri, delle giuste misure per evitare che le cose producessero reazioni avverse, per lui davvero insopportabili.
Erano stati sufficienti pochi umili accorgimenti. Uno studio attento, un vigile controllo sul mondo circostante, un’analisi scientifica, analitica sui comportamenti degli adulti.
Fin da ragazzo teneva nascosto nell’armadio un classificatore con migliaia di schede in cui annotava, etichettava, registrava ogni fatto rilevante, episodi precisi che avrebbero potuto condizionare la sua crescita. Imparare, correggere, manipolare, realizzare: questi erano i principi ai quali si rapportava per guadagnarsi la fortuna che gli era dovuta!
Senza lo studio di queste tecniche, Alfredo B.D. non avrebbe goduto per lunghi anni del piacevole sedante dondolio della felicità.
Le cose andavano davvero bene per Alfredo.
Nell’età adulta e per lunghi decenni, aveva accumulato una consistente quantità di gratificazioni, non conobbe mai, in quel tempo, la percezione del rimpianto, ogni sua scelta sembrava indirizzarsi verso un‘equilibrata positività, una sensazione attrattiva che pareva generare fortuna su fortuna in un vortice accelerato di puro compiacimento.
Il suo io tracimava su ogni noi, come un fiume in piena che, superando gli argini naturali, cioè il confine naturale strutturato per la pacifica coesistenza, sommergeva senza limite lo spazio lasciato libero dagli altri facendolo proprio, quanto necessario.
Alfredo B.D. si espandeva. Fortuna, fortuna, fortuna!
Conobbe ben presto il successo, il suo fascino incantava le donne che scioglievano nell’intimità ogni loro pudore, nella fretta di ricevere una qualche forma di rigenerante pacificazione, esse modellavano il proprio essere dentro una bolla di esultante piacere. Per loro l’amore di Alfredo era come una tregua benevola, utile per inghiottire le pene nell’abisso di un abbraccio.
Nulla di ciò avrebbe potuto indebolire la determinazione di Alfredo! Lui aveva acquisito un modulo, aveva elaborato, pianificato una formula esatta per regolare il suo avvenire, il suo io stava sempre proteso, pronto a catturare il futuro, la promessa di felicità.
Aveva imparato a gestire l’invasione delle passioni, sapeva che per lui era importante bilanciare il significato di tutto ciò che gli accadeva intorno con la cifra dell’autocontrollo, nulla doveva sconvolgere la promessa dell’avvenire.
Già all’età di venticinque anni fu ospite permanente di un Centro Benessere sulle colline della città di Santos. Quieto e rassegnato alla felicità, trascorse giorni davvero eccezionali. All’interno di quella struttura, per pochi eletti, Alfredo visse in modo frenetico, quasi battagliando contro il tempo che non gli dava tregua. Un’inesauribile susseguirsi di incontri, di colazioni all’aria pura e fresca della pineta, di cene eleganti, di balli e concerti, palestra e partite di bridge. La sua vita, giorno dopo giorno, si arricchiva di conquiste e di avventure. Dentro quel centro residenziale, ogni cosa, ogni incontro, ogni dialogo trasfiguravano il passato in un destino ed il futuro in un eterno sogno, come un perpetuo abbraccio.
Sirenen Ping, esperta nello studio, quasi scientifico, del “sistema degenerativo neo-parassitario nei soggetti friabili”, specializzata presso gli atenei più famosi delle regioni scandinavoasiatiche, aveva da molti anni in cura Alfredo B.D.
La estrema gracilità psichica, l’inconsistenza morale e intellettuale del suo paziente, l’avevano appassionata a tal punto da eseguire delle sperimentazioni mai tentate su esseri umani. Fu così che ben presto pubblicò sulle più importanti riviste scientifiche le sue ricerche ed in particolare alcuni protocolli di cura. In pochi anni queste terapie vennero applicate in quasi tutte le regioni del mondo democratico-neoliberista.
Il Centro di Cura e Benessere di Santos era il fiore all’occhiello della Dottoressa Sirenen Ping!
Un pomeriggio d’inverno, fu la vista di una pubblicità su dei farmaci contro l’incontinenza urinaria, sfuggita probabilmente al controllo, che attirò l’attenzione di Alfredo, svegliandolo di colpo da uno stato permanente di eccitazione.
Ebbe la sensazione, o quasi la certezza, di trovarsi legato con robuste cinghie su di una poltrona, ebbe la sensazione, o quasi la certezza, di essere prigioniero, ebbe la sensazione, o quasi la certezza, di assistere da molto tempo senza interruzione, forse da mesi, da anni, alla visione di film italiani degli anni ottanta che raccontavano di lui. La sua vita. Era lui. Lui stesso, Alfredo! Uguale, identico. Storie dentro storie, racconti dentro racconti, lui stesso intrepido protagonista di vicende d’amore, d’avventura, di gioco, di viaggi e conquiste. Come era possibile? Ragionava, sudava, pensava, ragionava, pensava e sudava, voleva chiamare aiuto, voleva gridare.
Dalla bocca gli uscì solo un affranto brontolio: grrrrrr…