Mare e orizzonti
Ho camminato sulla spiaggia e mi sono fermata. Attorno a me alcune persone, non tante perché il mare di giugno ospita pochi naviganti e tanti che in gergo definiamo “del posto”. Pochi passi da me e il bagnasciuga, l’acqua ancora timidamente fredda tra non molto accoglierà bagnanti che profumeranno di salsedine e crema solare, tra ombrelloni colorati e secchielli di bimbi pronti a diventare castelli.
Cerco tra le sfumature del blu e dell’azzurro un pochino di quiete e la trovo quasi subito, anche se abbracciata a una strana malinconia che spesso il mare emana. L’orizzonte del mare qui in Sardegna si confonde spesso con il cielo e sembra ancora più infinito, forse irraggiungibile. Succede così anche in altri mari e per altri orizzonti lo so, ma ogni luogo è tale e speciale soprattutto per chi lo vive e per come lo vive, per quello che trasmette incastrandosi perfettamente con il sentire diverso di ognuno di noi.
Il mare per tanti è un posto sicuro, una fonte di emozione inesauribile, un monito per ricominciare sempre come le onde, così tanto decantate in vari aforismi e poesie per la loro infinita perseveranza nello scontrarsi con la sabbia, senza comunque arrendersi.
Nell’orizzonte del mio mare cerco tutto e niente, mi incanto guardando lontano e come quando ero bambina immagino i visi e le persone al di là di quell’orizzonte, o su una barca a vela bianca che ho visto quasi sempre, ogni estate. Quando faccio il bagno mi tuffo con dolcezza, prima il visto che va sott’acqua, in seguito le gambe. Sfioro la sabbia e di nuovo su, la testa a filo dell’acqua prima di rifare un altro tuffo. Apro gli occhi e anche se la visuale è annebbiata avanzo, quasi il mare mi dia forza per procedere anche se non vedo con esattezza ciò che mi circonda. Procedo senza paura, o quanto meno in questo caso la paura non avanza superandomi ma mi lascia andare perché non avrebbe la meglio.
Accade talvolta che ci sentiamo leggeri, nonostante tutto. In alcuni luoghi come il mare del luogo in cui siamo nati, o quello che cerchiamo di vedere ogni anno per respirare libertà e vento sulla faccia. Succede che viviamo di istanti in cui guardare un orizzonte lontano ci fa pensare non soltanto di volerlo, ma anche di poterlo raggiungere. Di qualsiasi forma sia, ovunque si trovi sembra che sia lì ad aspettarci. Ma per raggiungerlo dobbiamo esser leggeri, considerare un eventuale rischio, una caduta, ma comunque una ripresa.
Ecco forse il mare ti fa venir voglia di rischiare e di fidarti. Come quando vuoi fare il bagno e lasci i tuoi oggetti incustoditi, e allora nuoti e nuoti e quando torni al tuo posto trovi tutto in ordine perché gli altri attorno, forse, cercano il loro orizzonte nello stesso modo in cui lo stai cercando tu.