Catrame e silenzio
È un orario diverso dal solito, la luce è grigia. La strada restituisce vuoto silenzio. Ecco la morte è silenziosa, incomunicabile. È inutile dire agli altri: ehi, sono qui, non mi vedi? Non mi senti? No, non ti vedono e nessuno sente nulla. Così in quel momento la consapevolezza mi ha schiacciato, catrame e silenzio, sassi e afasia. Ma come era possibile? Io la mia voce riuscivo a sentirla ma rimaneva intrappolata in una intercapedine frapposta fra gli altri e me.
Eppure io continuavo a vedere e a sentire.
Ma quando mai! Volevo essere una morta libera, sti spettri chiusi, legati alle dimore io non li capivo per niente. Morta e libera. Sarei rimasta per sempre così, con gli stessi abiti, scarpe e i capelli che erano freschi di piega. La morte mi avrebbe liberato dalla seccatura di decidere cosa indossare al mattino. E non mi sarei neppure dovuta struccare.
Sì, ero morta ma libera da tutte le noie ripetitive della vita quotidiana.
Ho lasciato scivolare il cellulare nel tombino e ho cominciato a camminare, senza rispettare i semafori. Del resto quello che mi aveva buttato fuoristrada non ci aveva nemmeno pensato a frenare. Arancione accelera. Stronzo, omicidio stradale, rido perché tanto uscirai presto dal carcere ammesso ti ci mandino. Diranno che le donne non sono brave guidatrici. Luoghi comuni luoghi mortali. Beh, vi saluto, mi prendo tutto il tempo per me.