2a Tappa da Badolo a Monzuno
2a° Tappa Da Badolo a Monzuno 11km 220mt di dislivello.
Dopo l’esperienza di ieri stamattina ho un po’ meno euforia rispetto al primo giorno, anche se oggi il percorso è più breve e quasi privo di dislivelli, così decidiamo di fare una variante ad anello che ci porta sul monte Adone. Se non avessimo aggiunto questa meta intermedia il cammino sarebbe stato solo uno spostarsi da un rifugio ad un altro, un mero passaggio dal punto X al punto Y. Darsi un obiettivo rende tutto diverso e molto più piacevole, perché lo spazio che intercorre fra X e Y viene riempito di attese, di aspettative, di sudore, di meraviglia. Lo si colma e lo si dilata, gli si dà una dimensione e uno spessore maggiore, diverso rispetto a quello che avrebbe altrimenti.
lo spazio che intercorre fra X e Y viene riempito di attese, di aspettative, di sudore, di meraviglia.
Stamattina mi sono svegliata pensierosa.
Ogni volta che mi sposto a piedi cerco di rendere il tragitto tridimensionale e non soltanto una linea retta che unisce due punti, cerco di dargli volume, senso. Cammino con il naso all’insù e scopro dettagli architettonici nuovi nei palazzi soliti: noto un balcone pieno di piante rigogliose o con delle bici da bambino e inizio a pensare a come deve essere la vita di chi vive quei balconi, se si affacciano spesso a guardare in giù. Altre volte concentro lo sguardo a terra, sui miei piedi, e osservo tutta la sporcizia che si trova a terra, finché non capita di calpestare qualcosa del tutto inaspettato, come un fiore. Mi sorprendo spesso a notare soprattutto l’assurdità degli oggetti che la gente si lascia alle spalle. Un orecchino. Un assorbente intatto nel suo involucro. L’immaginetta di un defunto. Un disegno. Un laccio. Chissà come si fa a non accorgersi di aver perso alcune cose magari di valore, o di valore puramente affettivo. Si lasciano cadere per alleggerirsi o per distrazione, e chissà se mai qualcuno è tornato indietro dopo essersi conto di aver perso qualcosa anche di un certo pregio, ma di poca funzionalità.
Che espressione hanno quando scoprono che gli manca quell’oggetto che era lì in borsa, in tasca poco prima?
Il più delle volte però mi piace osservare i volti delle persone che incontro. So che non si dovrebbero fissare le persone, ma la mia è una curiosità sincera. Provare a intuire, fra le rughe di espressione e quelle del tempo, cosa stiano pensando.
Avere una distrazione dà un sapore diverso al cammino, e nessuno sforzo sembra vano se proiettato su un fine. Bisognerebbe sempre tendere a qualcosa per avere la giusta motivazione a raggiungerlo. Poco importa se nel tragitto ci si perde, si sbaglia strada, si torna indietro, è tutto parte del percorso, e se hai una meta chiara avanti a te ci giungerai comunque.
Rientriamo alla sinistra del guardrail; sulla strada le bacchette non ammortizzano molto e nemmeno le suole delle scarpe da trekking, così se si può evitare l’asfalto di cui è fatta per la maggior parte questa tappa ne approfittiamo subito. In pochi passi si passa dal nero pece al verde bosco. Ho odorato quasi tutti i fiori finora, ma c’è un profumo che prediligo più di tutti e ora lo sento nuovamente nell’aria. Viene da minuscoli fiorellini a forma di campanelline bianche e nere che ricoprono interamente il loro ramo: è l’erica arborea e mi giro subito a cercarla, la trovo poco avanti e corro a infilarci il naso, a inebriarmi del suo profumo dolce e deciso, che ricorda un po’ la lavanda, ma con più carattere.
Chissà se anche seguire un odore può essere una buona motivazione per avanzare lungo il percorso, in questo momento mi sembra una motivazione più che valida, e rende più sopportabile il sole battente. Non sono mai certa se la strada che sto percorrendo sia sempre giusta, se i fuori pista che mi sono concessa siano davvero serviti o se mi abbiano fatto perdere tempo. Una cosa è certa: è la somma di tutti quei passi che ora mi ha portato fin qui. Fra un cespuglio e l’altro alzo il naso e vedo che mancano pochi passi a Monzuno. La seconda tappa sta per concludersi.