Sciòla
Sciòla.
A quanto dice mia madre, pare sia stata questa la mia prima parola.
Sciòla.
Ero nel corridoio di casa, alla vigilia del mio primo compleanno, e muovendo i miei primi passi ho espresso anche il desiderio di volermi liberare dalle prese protettive degli adulti che mi stavano intorno: volevo farlo da sola.
Sciòla, sciòla, ripetevo barcollante e fiera, avanzando sui marmi bianchi e neri, in quella casa costruita dai miei nonni, che per me era il mondo intero.
Mi ha sempre fatto sorridere pensare che la mia prima parola, usata per altro con cognizione di causa, fosse stata quella.
Io, con le mie insicurezze, il mio bisogno di essere sempre protetta, incoraggiata, adulata, spinta, a un anno ero tutt’altro che così.
E forse come un oracolo, la bimba che era in me ammoniva e consigliava l’adulta che sarei poi diventata, come se quel mio primo obiettivo, ora che sapevo muovere i primi passi nel mondo, sarebbe stato sempre quello: farcela da sola.
Non ho ben chiaro cosa possa essere successo nel corso del mio cammino, ma so che ho dimenticato presto quell’entusiasmo e quella voglia di farcela, e ho cercato sempre l’appoggio di qualcuno, o comunque la via più semplice. Mi bastava poco per emergere dalla massa, non mi costava sforzo.
E allora sono rimasta lì, per tanto tempo. A galla.
Con la costante paura di restare sciòla.
La Vita però è un posto meraviglioso.
Sono stata molto fortunata, benedetta.
Se non ho avuto alcune cose è stato solo per la pigrizia o la paura di spostare il mio asse da quella comfort zone dalla quale mi ero lasciata risucchiare.
Ma basta aver avuto a che fare un po’ con i bambini, per sapere che non li puoi far stare zitti per sempre. Trovano il modo di chiederti comunque ciò che vogliono, specie se lo desiderano tanto.
E la bambina che è in me ha aspettato, paziente, quarant’anni (sorrido, quaranta è un numero biblico che indica il compimento di un qualcosa).
Non è stata sempre zitta, no. Ha provato diverse volte a ricordarmi ciò che ci piaceva, che avrebbe fatto bene ad entrambe. Ma altrettante volte accadeva qualcosa che ci spaventava, ci faceva barcollare, e soprattutto ci feriva.
Non si è arresa quella bambina. Perché voleva tanto camminare sciòla.
E non lo so, potrebbero anche essere gli ormoni ma chissenefrega! Sono di nuovo in quel corridoio, oggi. E sono felice di dire sciòla, di liberare l’adulta che mi ha frenato e non mi ha lasciato andare. Anzi la prendo per mano e le dico vai!
E sono tutti in quel corridoio con me: i miei genitori, zia Tota, i miei fratelli e le mie cugine, Nonna Ciccina, Nonna Adele e Nonna Cata, i miei amici, perfino i miei figli.
Barcollo, col pannolino, perché sì, comunque ogni tanto me la faccio addosso, ma ho ricordato che so camminare da sola e soprattutto ho la benedizione di poterlo fare. Che non è una cosa così scontata per tutti.
Quindi vado, sciola sciola, e sto bene.
Tanto.
E sono felice perché so che solo imparando a camminare da sola potrò veramente accorgermi quando qualcuno, un giorno, mi darà la sua mano.
Sciòla, la mia prima parola!
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