1a Tappa: Bologna – Badolo
1a Tappa Bologna – Badolo 23km 400mt di dislivello.
La sveglia è alle 6:15; l’eccitazione altissima e mi sento carica!! Al 400° arco di seicentosessantasei verso San Luca sto già per lanciare lo zaino giù per le scale e andarmi a fare una birra. Mi cola il naso e vorrei soffiarlo ma i fazzoletti sono in una tasca dello zaino che non riesco a raggiungere: levo lo zaino per cercare i fazzoletti e mi cade una bacchetta; mi piego per prenderla ma la tasca dello zaino che avevo aperto per i fazzoletti è rimasta aperta e mi cade tutto il contenuto a terra; ripongo tutte le cose nuovamente nello zaino e mi rialzo; faccio per soffiarmi il naso ma i fazzoletti li ho rimessi dentro; mi cade l’altra bacchetta. Come nei cartoni animati sento il fumo che sta per uscirmi dalle orecchie; ho gli occhi spalancati e sto cercando con il briciolo di buon senso che mi è rimasto di trattenere tutte le imprecazioni che spingono per uscire dalla bocca, ma siamo vicino ad un santuario e non mi sembra il caso di beccarmi una damnatio memoriae. Sono le 7 del mattino e io non ho fatto manco 3km che già sto per sclerare di brutto: ottimo! Voglio proprio vedere sti altri 21km come me li faccio. Ecco lo sapevo che stavo facendo una stronzata. Tutti a fa le braciate io come al solito a fa la splendida “faccio la via degli Dei! Che saranno mai ventordicimila km al giorno con 50kg sulle spalle” (si lo so a volte sono melodrammatica).
Sono le 7 del mattino e io non ho fatto manco 3km che già sto per sclerare di brutto: ottimo!
L’umiliazione non si ferma qui, scendendo verso Casalecchio veniamo investiti da orde di arzilli vecchietti che stanno salendo verso il santuario dal lato da cui noi stiamo scendendo. Sono sorridenti, allegri,nessun segno di fatica solca i loro visi distesi e rilassati: voglio piangere. Lo zaino è troppo pesante; una bretella mi tira la spalla sinistra e quindi cammino di lato dal dolore, così ogni 5 minuti mi fermo, provo a fare qualcosa a caso sperando funzioni e riparto, ormai la mia è una via crucis più che un cammino, il mio compagno si ferma paziente e mi aspetta, Amilcare invece vorrebbe scendere e andarsene a dormire nuovamente. Sto talmente scomoda e dolorante che solo a tratti mi rendo conto di quanto sia bello il parco che stiamo attraversando, ma non riesco a godermelo.
Non posso fermarmi perché creerei un precedente con me stessa
Finalmente arriva l’ora di pranzo, ci fermiamo in un’area ristoro messa a disposizione da una persona che abita in zona. Mette a disposizione tavolo, sedie e acqua e in cambio ha lasciato un salvadanaio sul tavolo, ma anche un libro delle firme. La trovo una cosa carinissima, al di là del gesto altruista di ospitalità, l’idea del libro mi fa pensare a qualcuno che abbia voglia di partecipare attraverso noi a quest’esperienza. Molto meno romanticamente serve per capire quel giorno quanti si sono seduti e quanto hanno “offerto” ma ora ho lo stomaco pieno quindi posso permettermi di sentirmi romantica! Approfitto della pausa per fare una breve riorganizzazione tattica dello zaino, in pratica butto tutto fuori e lo rifaccio cambiando l’ordine degli addendi, con mia grande sorpresa il risultato cambia! (Un punto per me signora matematica!). Amilcare anche lui sazio decide finalmente di collaborare; spariscono fastidi e dolori vari e sono pronta a rimettermi in cammino trotterellando felice da un’aiuola all’altra per odorare i diversi fiori che vi sporgono.
Pian piano sento che sta ritornando il buonumore e con lui sto ritornando io. Sono quel tipo di persona che di base non riesce a stare mai ferma un secondo, nemmeno quando dormo, se per caso mi dicono di stare ferma, ad esempio durante una visita medica, io inizio a sudare freddo. Quindi se qualcosa mi impedisce di muovermi come vorrei mi inizio a divincolare e a soffrire terribilmente. Ho sempre avuto questo problema, se da piccola rimanevo incastrata in una maniglia, in una rete o un gancio iniziavo a sentirmi male, mi sentivo in trappola, non riuscivo a ragionare e finiva che strappavo tutto con una paura e una furia cieca. Con l’età sono riuscita a imparare a controllare queste emozioni che mi prevaricavano se non riuscivo a muovermi, riuscendo con un bel po’ di sforzo a stare ferma addirittura per un paio di minuti, senza la necessità impellente di districarmi. È qualcosa che mi sono portata dietro in molti aspetti della vita, come ad esempio le relazioni, d’amicizia o sentimentali, ogni volta che iniziavano a diventare più “leganti” mi sentivo mancare l’aria e dovevo scappare via, prendere le distanze.
Anche il sasso per cui stavo cadendo a faccia a terra ha provato a trattenermi, è il mio equilibrio che non ci è riuscito! Mi rialzo e penso che forse sia arrivato il momento di uscire dai pensieri e guardare dove metto i piedi, anche perché siamo arrivati su di una spianata erbosa in alto; l’utlima salita è quasi finita e in lontananza alle mie spalle c’è San Luca che mi osserva sbalordito: la prima tappa è conclusa!