La signora era gentile, davvero!
Un mese dopo essere stato ricoverato per un persistente stato di confusione mentale, ed essersi ritrovato a casa, quasi immobile, in mezzo al nulla, senza il necessario vigore per alzarsi in piedi e uscire fuori, Alfredo decise che era arrivato il momento di recuperare il tempo perduto stabilendo delle priorità, visto che il mondo, nonostante tutto, andava avanti, dritto per la sua strada.
Lui, Alfredo, che era stato giovane studente appassionato di geografia e disegno e aveva perciò creato dal nulla un mappamondo di carta dove il blu e il verde scolorivano il marrone dei continenti, lui che aveva insistito affinché nulla di ciò che fosse violento turbasse la sua anima pacifica e affabile, lui che all’età di quindici anni riusciva a risolvere in pochi minuti teoremi matematici complessi, lui che dopo il diploma era partito da solo per raggiungere le terre del Nord, nello zaino una mappa stradale del Touring Club e aveva viaggiato da una località all’altra fermando sconosciuti autoveicoli nelle aree di servizio e poi lì accucciato dentro un sacco a pelo tra la luce del sole che rischiarava la notte e il vento freddo che gelava gli scarponi e appresso poi via per la tundra, la taiga e i laghi, i fiumi che trascinano i legni, lui che aveva imparato tre lingue e parlava e pensava saltellando da un idioma all’altro per intrecciare tra loro le parole più belle, lui, Alfredo che aveva amato le donne più belle e allegre del mondo anche se solo alcune di loro gli avevano restituito il genuino fremito del candore, lui tra calici di mezcal (del distillato più povero) e fuochi accesi sul limite della fine del mondo al confine dell’oceano in attesa del primo chiarore mattutino cantando le ballate della Rivoluzione, lui, Alfredo che era salito per anni su un palco a raccontare storie che facevano ridere e piangere e il pubblico lo abbracciava e gli stringeva le mani sorridendo e sussurrando ammirazione, lui che aveva lavorato l’acciaio dalle colate di fiamma dentro uno scafandro nero di polvere di ferro, lui che aveva generato figli alti e robusti, lui che aveva ciclostilato da rivoluzionario migliaia di copie della rivista “Resistenza Barbara” che distribuiva nei supermercati o lungo i viali alberati di Parigi, lui, Alfredo che aveva scalato più di mille gradini per giungere al tempio mistico e da lì godere la vista sulle montagne sacre più alte del mondo sulla valle di Kathmandu, lui, Alfredo che aveva suonato il jazz, lui che aveva letto più di mille libri della Biblioteca degli Alchimisti i libri segreti, quelli nascosti dentro piccole celle tra la polvere e il nero fumo delle candele, lui che adesso sorvegliava dalla finestra, lì in alto alla sua destra, il volo di storni che nell’aria disegnava macchie nere a forma di spirali bucando nella danza il tetto ingombro di nuvole, lui adesso non era sicuro più di niente, si sentiva stordito, affaticato da tanta euforia, una stanchezza diffusa ammollava ogni suo muscolo, quasi gli doleva la testa dalla fatica, nervo su nervo, tèndine dopo tèndine il suo corpo allentava la tensione sciogliendo ogni forma di resistenza.
Adesso aveva soltanto voglia di dormire.
Alfredo, così, strofinò sul seno nudo della signora le magre e piccole dita della mano destra assaporando con gioia le ultime gocce di quel succo amarognolo che riusciva a stento a trattenere in bocca, poi la signora lo adagiò con tenerezza e amore tra lenzuola ricamate, stelle filanti e girandole dai mille colori. Lui riprese a sognare. Ninna nanna, ninna nanna. Il tetto del mondo colorato di luci di stelle stendeva la sua coperta al suono di un carillon.
La signora era davvero gentile!