Lettura n. 16 Siamo fabbriche di passato
“Si profila un tempo in cui sempre più persone vorranno nascondersi nella loro grotta e tornare indietro. […] Dobbiamo essere pronti con rifugi antiaerei del passato. Chiamali pure, se vuoi, ‘cronorifugi’.”
Cosa faresti se ti dessero la possibilità di tornare indietro nel tempo? ma non un periodo a caso, piuttosto potresti proiettarti in una fascia di anni precisi, frutto di una tua scelta, dove andresti tu nel passato? Devo ammettere che leggendo il libro ci ho riflettuto più e più volte, senza riuscire a dare una risposta.
Gaustìn è un personaggio bizzarro, un po’ genio, un po’ sfuggente, non sai mai se lo rivedrai e quando, ma lo segui da lettore e da amico, in un percorso che pur essendo improbabile poi ti sembra possibile in ogni sua sfaccettatura. Dapprima ti porta a Zurigo dove ha ideato e costruito una clinica del passato, per i malati di Alzheimer, dove ogni piano rappresenta un decennio, perfettamente ricostruito, dove la memoria zoppicante può scovare i pezzi mancanti per ridisegnare il quadro dei ricordi evocando le sensazioni del passato. Questo dimenticare ogni cosa diventa presto un’epidemia nel mondo e ognuno vorrebbe farsi ricoverare per tornare indietro e andare a prendere un pezzo di memoria perduta.
“Di continuo produciamo passato. Siamo fabbriche di passato.”
Già il titolo suggerisce l’idea di un luogo metafisico in cui poter trovare una pace e un senso di protezione dalle insidie di un presente patito e di un futuro angoscioso ma siamo certi che nel posto caldo della memoria tutto sia confortante? Nelle varie storie che si intersecano in Cronorifugio alcuni personaggi soltanto al minimo accenno dell’evocazione del proprio passato – in questo caso sofferente, una donna ricorda la propria prigionia fisica- hanno un moto di rigetto e di fuga, il passato non è come crediamo illusoriamente il paradisiaco luogo della pace interiore ma può ferirci e farci prigionieri. E cosa accade se ogni paese può decidere dei propri passi indietro nel tempo attraverso l’espressione di un voto in un referendum? Eventi, oggetti, sapori, abiti, e storia ci accompagnano in luoghi diversi e in anni diversi, portando a loro volta, come una cascata, dentro di noi un’acqua inarrestabile di memorie individuali e collettive. Gospodinov, già apprezzatissimo autore per i suoi precedenti lavori, e penso in particolare a Fisica della malinconia, è stato definito il Kundera bulgaro, ha secondo me molto di Borges e della sua capacità onirica di trasportarti nel tempo e nello spazio ma è anche una voce assolutamente originale nel panorama attuale, una voce da non perdere. Quanto vale la nostra esistenza se perdiamo il ricordo? Gospodinov con le sue parole ci conduce nel viaggio più intimo, malinconico, a tratti perfino ironico, nel dubbio esistenziale di cosa siamo nel presente e soprattutto cosa resta di noi nel tempo. Se in quel tempo non possiamo avere la memoria e il valore preziosissimo che la abita, che senso ha?