Pupo di zucchero e Nonna Rusina
Pioggia, rumore di macchine, voci.
Entro al Kismet e mi metto in coda.
Prendo il biglietto. Fila B posto 6.
Stasera sono troppo vicino al palco. Solitamente non è un problema, ma lo diventa quando in scena c’è Emma Dante. Due anni fa in questo stesso posto la storia di Anna, Nuzza e Bettina, con il loro Arturo, e quella schifosa vita di munnizza che il destino aveva scelto per loro. Misericordia. Due anni fa stavo seduto dietro, con schiere di altri-me a farmi da filtro.
Fila B posto 6. Stasera la morte è in scena, stasera niente filtri.
Accanto a me, Fila B posto 5, una signora dai capelli bianchi, grandi occhiali, non vedo parte del suo volto nascosto dalla mascherina. Mi ricorda nonna Rusina. Ed è strano, o quantomeno scombussolante, avere accanto una donna che mi ricorda la nonna che amavo tanto in uno spettacolo che di morti parla.
Fa caldo in teatro oggi.
Senza la giacca si sta meglio – mi dice.
Iniziamo a parlare, io della mia Sicilia, lei della sua Napoli lasciata molti anni fa, lasciata per Bari. Parliamo del mio lavoro, della sua vita, di suo marito venuto a mancare poco tempo fa, del mio amore per il teatro, della sua strategica passione per il calcio maturata in una famiglia di uomini e utilizzata per acchiappare l’attenzione dei suoi giovani nipoti, di Scarpetta e della scalinata del petraio, di un libro di Anna Maria Ortese, di degrado e umiltà, di cambiamenti.
Le luci si abbassano, io e la signora Patrizia iniziamo il nostro viaggio, Fila B posti 5 e 6.
In scena una scrittura teatrale liberamente ispirata a “Lo cunto de li cunti” di Gianbattista Basile, che pone al centro una tradizione popolare meridionale fortissima: banchetti ricchi di dolci e di biscotti in cambio dei regali che, nel giorno del 2 novembre, i parenti defunti portano ai bambini. Un rituale sacro e a tratti inquietante, in cui il cibo plasmato diviene raffigurazione terrena delle anime dei defunti e i vivi, cibandosene, reiterano il miracolo dell’unione dei due regni, quello dei vivi e quello dei morti.
Una festa che è una veglia, in cui un vecchio spetacchiato rimasto solo in una casa vuota impasta acqua, farina e zucchero, dà forma all’esca pe li pesci de lo cielo, il Pupo di zucchero, che va cullato e protetto come un picciriddo, che non deve prendere freddo e aria, che va accarezzato in attesa che cresca, lieviti, che sia pronto a rendere gloria. Parte qui la storia di una famiglia di morti, una storia di acqua, farina e ricordi, a lievitare vita. C’è mammina, vecchia dal cuore tremolante, gobba e dolcissima, che ogni giorno si affaccia e aspetta il suo amore disperso in mare. Ci sono Rosa, Primula e Violetta, i loro canti, l’ingenua felicità dei loro corpi, la bambola con cui giocano che esiste in quanto loro esistono. C’è Pedro dalla Spagna che ha perso il corazón per Viola, e Pasqualino, figlio adottivo combina guai. E poi zia Rita, affamata di un amore malato, quello per Antonio, di un amore struggente e violento, passionale e apocalittico.
Fila B posti 5 e 6, io e Patrizia siamo nella storia di questa famiglia, abballiamo con loro, tiriamo la catena della morte, non ci arrendiamo, ridiamo e piangiamo assieme, aspettiamo che il Pupo si faccia grande, che le campanelle suonino ancora, che Viola baci Pedro, che Pasqualino rubi i fiori, che i nostri morti tornino vivi, come lo erano ieri, come lo saremo noi domani.
Uno spettacolo pregno di una profonda drammaturgia del movimento e del suono, come Emma Dante ormai ci ha abituati e viziati. Uno spettacolo in cui la morte non è scandalosa, innominabile, ma tenera, dolce, inevitabile. Una morte visibile, grazie anche alle dieci sculture create da Cesare Inzerillo che mostrano il corpo osceno della morte, che portano me e Patrizia nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo.
Ancora una volta Emma Dante cede alla possibilità e non alla morte, o meglio, cede a una morte che diviene possibilità.
Lo spettacolo è finito. Patrizia si gira e mi guarda. Mi lascia il suo indirizzo, vuole regalarmi il libro di cui mi parlava. E dentro di me la sensazione di aver vissuto una serata a teatro con nonna Rusina.
Pupo di zucchero e Nonna Rusina, la magia del Teatro.
Abbiamo visto Pupo di Zucchero – La festa dei morti
scritto e diretto da Emma Dante
al Teatro Kismet di Bari
Si ringrazia l’Ufficio Stampa
Foto 1 di Skylar Kang da Pexels
Foto 2, 3 e di copertina concesse dal Teatro Kismet (ILGILET_SONIABERGAMASCO_PH_NoceraIvan_AgCubo)