Lettura n.13 Alexis o il trattato della lotta vana di Marguerite Yourcenar
Una lettera confessione racchiusa nel libro che rappresenta una breve opera letteraria di una grandissima autrice: Marguerite Yourcenar. Giovanissima, all’età di ventiquattro anni la nostra Marguerite scrive questo libro di un’ottantina di pagine appena, tanto esile da tenere fra le mani, quanto potente da leggere, un lavoro che porta in sé tutti i germi della personalità artistica dell’autrice e degli sviluppi fecondi che la sua opera completa avrà in seguito. La storia è scritta in prima persona, infatti a parlare è la voce di Alexis, il giovane sposo di Monique, che un po’ alla volta e non senza sofferenza scopre il suo mondo interiore fra luce e ombre e confessa a sé stesso e a sua moglie la propria omosessualità. Tutto questo dialogo sincero e toccante rappresenta il momento dell’addio di Alexis a sua moglie, la donna che lo ha accolto e amato teneramente. Già nel titolo sono presenti sia il tema di fondo sia l’influenza dell’opera di Gide (Traité du vain désir), il racconto è infatti una lotta vana, quella che Alexis ha provato a intraprendere contro la sua inclinazione omosessuale, a tratti disperata ma sempre espressa con una delicatezza di stile che è la cifra propria della scrittura dell’autrice. Uno stile avvolgente e specchio di rara sensibilità, la stessa che ritroveremo sviluppata ad altissimi livelli nella sua opera più grandiosa “Memorie di Adriano” ( 1951). Alexis sa che per poter essere felice è necessario uscire dall’ipocrisia di una vita non consona al proprio animo, eppure è roso dalla colpa e dalla vergogna per aver tradito e per non aver amato sua moglie come avrebbe dovuto. Oscilla incerto fra la condanna di sé stesso e l’autoassoluzione, “Mi credevo in diritto (o piuttosto in dovere) di non respingere l’unica possibilità di salvezza che mi offriva la vita”, dice per giustificare il matrimonio con la tenera amica di un tempo Monique. Lei donna buona e docile soggiace ai principi severi dell’epoca e tace. Tutta la confessione è pervasa dal senso profondo dell’urgenza di imparare a conoscere noi stessi e soprattutto di tendere alla felicità e non alla perfezione che resta impresa irraggiungibile, allora come adesso.
“Amica mia, ti ho sempre creduta capace di capire tutto ciò, è ciò è assai più raro che perdonare tutto”, sembra questo un invito che potremmo leggere anche alla luce dei nostri tempi per capire con il cuore ogni qualsiasi idea di “diversità” ci si prefiguri accanto.