Scheda 2 – La storia di Wegehta
Scheda 2
Questa è la storia di Wegehta.
Ha 19 anni, due occhi color nocciola e una grande cicatrice sul petto.
Ci racconta di avere subito un importante intervento al cuore e che adesso ne ha una parte artificiale. Qui le cure si pagano e avere una parte del cuore nuovo è costato molto alla sua famiglia.
Adesso sta bene, sorride, ringrazia Dio perché nonostante tutto è viva, nonostante tutto è qui.
Chiediamo dei suoi genitori, e lei ci parla subito del papà. Ci racconta che il governo l’ha strappato al suo lavoro, ai suoi campi e l’ha chiamato a servire la patria.
L’ha chiamato a fare il soldato.
Gli occhi le brillano, capiamo che le manca anche se non ce lo dice. A volte ritorna. Quando è il governo a decidere. E spesso non decide, spesso lascia che passino settimane, mesi e ancora anni. Lontani.
I campi del papàsoldato adesso li curano i fratelli. Sono otto in tutto, compresa Wegehta. Il più grande è Mokhazin, ha 18 anni, adesso è lui l’uomo di casa. Ha finito di studiare, adesso aspetta i risultati degli esami e saprà cosa il governo stabilisce della sua vita, perché le scelte vengono orientate qui, stabilite, classificate non in base a ciò che si vuole ma a ciò che serve, anche quando non serve.
Wegehta è venuta da sola oggi, viene a fare l’aggiornamento di sé stessa. Sua mamma è dovuta rimanere a casa perché i fratelli più piccoli da accudire non potevano rimanere soli.
Sognava in cuor suo di fare l’Università, ma proprio quel cuore non gliel’ha permesso.
Adesso lavora. Il governo ha deciso di mandarla in un villaggio che non conosceva, lontano da casa sua. Lavora e vive in una piccola casa fatta di fango, di quelle tradizionali, qui se ne vedono tante. Il letto non c’è, come nella maggior parte delle case, ma c’è una pelle di capra e Wegehta ci dorme sopra. Lo dice sorridendo, come se almeno questo rappresenti un lusso. Le chiediamo che tipo di lavoro svolge e lei ci risponde che non fa niente. Il governo la costringe a stare in un posto dimenticato da tutti per non fare niente. O meglio, dei libri glieli fornisce. Ma sono libri che parlano di guerra e lei non ha voglia di leggerli. Da mangiare le passano pane e cipolla. Se vuole altro se lo deve comprare. La pagano. Ci stupiamo. Chiediamo quanto la pagano. 45 soldi. Chiedo a Monica se è uno stipendio dignitoso. Mi dice che attualmente un chilo di pomodori costano 60 soldi. Solo dopo capisco che i 45 soldi non sono al giorno, ma al mese.
Wegehta sorride.
Continua a raccontarsi, ci dice che adesso è in ferie. Le concedono una settimana ma è rimasta qualche giorno in più a casa per venire qui da noi. Sa già che la puniranno. Saranno botte o sarà altro ma la puniranno. Durante la foto che le scatto, da mandare alla famiglia italiana, sorride. Prima di andare via, quasi vergognata, ci chiede un’altra cosa. Non riesce più a trovare una medicina che le hanno prescritto. Le serve per il cuore. Le serve per vivere.
La scriviamo su un foglio. Cercheremo in Italia.
Buona fortuna Wegehta. Che il tuo cuore possa sempre battere forte.