ViSo-Visuale Sociale: le innocenti vittime della guerra, i bambini
Il progetto di ViSo nasce da un’idea di Valeria Marchese, promosso dall’Associazione Culturale Poesie Metropolitane e in collaborazione con Facciunsalto. Lo scopo della rubrica è quello di analizzare eventi e aspetti sociali attraverso un’intervista dedicata ad autori che hanno deciso di scrivere in merito a tematiche d’attualità o dibattito. La conversazione sarà avviata a partire da un breve componimento, in prosa o versi, firmato dal poeta.
Per inviare i tuoi componimenti e avere uno spazio tuo su ViSo associati a Poesie Metropolitane e invia una mail a viso.poesiemetropolitane@gmail.com
Questa settimana accogliamo nel nostro spazio Rita Stanzione, docente con alla base una formazione pedagogica che vive a Roccapiemonte (SA). Si dedica alla scrittura perché, contrariamente a quanto si crede, è convinta che non sia già stato tutto raccontato.
Il testo di oggi ci riporta ad una riflessione sulle vere vittime di ogni tipo di guerra: i bambini.
Briciole incandescenti
Quanto sia vera
questa colonna alta
luce vuota di immagini.Quanto non sia, vorremmo, mentre
la gola stringe dove si strappa il sogno
e non fa più primavera
vedere i fiori rossi nel bruciare
da civiltà in preghiera
dove si affaccia un astropoi va a svanire dietro fantasmi lievi
– volano in vesti di bambini –
e ninnoli che allietavano il sonno
lasciano a terra briciole
incandescenti. Quelle,
non spegnetele mai.
Come mai hai scelto di approfondire questo tema?
«La poesia è capace di trattare ogni tema, e sappiamo che tutta l’arte, oltre che celebrare, dilettare,
fantasticare e tanto altro ancora, sa assumere il ruolo di informazione, denuncia, ribellione. A questo
proposito quoto l’artista americana June Wayne – che ha spesso espresso connessioni tra arte, scienza e
politica – la cui affermazione “Le arti […] producono l’ossigeno della libertà, e sono il primo sistema
d’allarme a scattare quando la libertà è in pericolo” ci fa ben comprendere la sensibilità degli artisti verso le
problematiche e i drammi umani.
La scelta del tema della poesia qui pubblicata equivale a partecipazione, è l’esortazione a non sentirsi
estranei alle sorti di popoli meno fortunati, a percepire il dolore dell’infanzia dai diritti negati, è la voce che
insieme a tante altre testimonia la volontà di gridare alle coscienze, uscendo dall’isolamento.
È vero che un verso non potrà cambiare idee e azioni dall’oggi al domani, ma può essere pensato come un
sasso che va a scardinare muri di disumanità, se siamo convinti che ognuno di noi a suo modo possa
contribuire a fare del mondo un posto migliore. Non è un caso che l’UNESCO abbia istituito nel 1999 la
Giornata mondiale della Poesia, con l’intento di recuperare il valore sociale di quest’arte così versatile e di
facile divulgazione.»
Khan Shaykhun, l’estremo caso che ha fatto aprire gli occhi all’Occidente. Siamo diventati davvero così
indifferenti? Cos’è capace di risvegliarci dal torpore e dall’illusione della nostra sicurezza?
«I drammatici fatti di Khan Shaykhun non dovrebbero lasciare indifferente nessuno. Immagini che non
avremmo mai voluto vedere hanno girato il mondo: raggelanti, di crimini efferati, crimini di guerra – dentro
la guerra che già di per sé è un crimine contro l’umanità – messi in atto per terrorizzare i civili, crudeli e
vigliacchi. Violazioni negate, colpi inferti su persone inermi, stragi di bambini. Come essere indifferenti?
Eppure gli stessi media si fanno sentire a singhiozzi su catastrofi umanitarie di tale portata; così ci
estraniamo dagli eventi fino alla successiva notizia di catastrofe, quella eclatante e terribile, mentre la Siria
soffre da più di un decennio, e milioni di profughi vivono, o meglio sopravvivono, in condizioni estreme.
Esistono purtroppo tanti ostacoli alla pace, schieramenti e coinvolgimenti, interessi che calpestano ogni
diritto umano e la storia continua a perpetrare tutto questo, è la stessa di periodo in periodo, cambiano i
nomi, i confini, le aree geografiche, le forme di attacco, ma non la sostanza.»
Sono, fortunatamente, molte le associazioni che si impegnano in questa battaglia per garantire ai
bambini i diritti fondamentali di famiglia, salute e istruzione. Conosci alcune di queste che esercitano nella
tua realtà?
In tante realtà catastrofiche, dove anche gli aiuti umanitari troppo spesso vengono messi a dura prova, non
possiamo che encomiare e sostenere le organizzazioni umanitarie presenti, la loro lotta pacifica e tenace, i
principi di fratellanza senza confini. Nella regione in cui vivo, certo, ci sono sedi locali e punti informativi di
organizzazioni attive nel procurare beni di prima necessità, medicinali e cure mediche, supporto
psicologico, spazi protetti per il gioco e l’intrattenimento dei bambini. Grazie a esse (e che siano affidabili)
possiamo tutti contribuire materialmente a sostenere l’infanzia colpita.
Nella scorsa puntata di ViSo abbiamo parlato di immigrazione. Le immagini strazianti delle madri afgane
che gettano i figli oltre i recinti spinati e li affidano a sorte ignota, sperando sia sempre migliore di quella
che gli aspetta qui, hanno fatto il giro del mondo. Eppure, se si parla di migranti, anche se bambini, c’è chi
storce ancora il naso. Che ruolo pensi abbia l’immigrazione nel futuro delle vite di questi bambini?
«Migranti in fuga da guerre e povertà e anche rifugiati, tantissimi nei flussi di disperata ricerca di un luogo
vivibile, una salvezza che troppo spesso finisce in maniera drammatica. Siamo così lontani dal sapere
realmente cosa si prova nell’attraversare il mare costipati in barconi rischiando la vita, nei lunghi
spostamenti a piedi sbarrati da muri o filo spinato, nell’essere ammassati nei campi profughi privi d’igiene,
d’acqua e beni primari. Esistenze abbandonate, famiglie smembrate, bambini a cui viene a mancare una
realtà rassicurante, a volte orfani, a volte rimasti per sempre bambini e sepolti. I più fortunati trovano un
approdo, raggiungono un Paese vivibile, dove non di rado sono visti come un pericolo, una minaccia alla
nazione. Eppure l’uomo, fin dalle sue origini in quanto specie, è sempre stato migrante: il mondo si è
popolato in questo modo.
Il tema dei migranti mi è sempre stato a cuore, ho anche scritto delle poesie al riguardo e letto vari
romanzi. Uno di questi ultimi è “Exit West”, dello scrittore pakistano Mohsin Hamid. È una storia d’amore
tra due giovani costretti a fuggire dal regime del loro Paese (imprecisato), toccante e commovente senza
mai raccontare di barconi e naufragi, ma con tutta la verità, tristissima, di dover annullare – “assassinare” –
ciò che si lascia alle spalle, affetti compresi, nel partire.
Il futuro dei bambini immigrati? Credo che solo l’interiorizzazione di un largo concetto di convivenza
potrebbe con il tempo farci sentire abitanti di un unico pianeta, con l’abbattimento del pregiudizio e
un’auspicabile condivisione dei beni per vivere.»
Non trovi, invece, possa essere crudele pensare che la loro unica soluzione sia proprio emigrare? E le
battaglie per i diritti dei migranti, non produrrebbero più frutti se fossero indirizzare verso un
miglioramento delle condizioni di vita di quei cittadini?
«Un’equa distribuzione delle risorse sarebbe l’ideale. Non più il nord e il sud del mondo, l’Ovest e l’Oriente,
la ricchezza di pochi e l’estrema miseria di troppi al mondo. Non più la supremazia di Stati potenti su quelli
depredati, l’instabilità politica di zone ormai devastate in tutti i significati possibili dal malessere delle
guerre. È tantissimo, il vero cambiamento. Quanto si dovrà aspettare perché ogni famiglia, ogni gruppo,
ogni popolo possa scegliere in libertà dove vivere, compreso il luogo dove ha radici?»