Shake-speare, il teatro come un gioco
Sono le 20:45 e fuori al portone del TRAM c’è un già un po’ di gente, stavolta ho ricordato di prendere gli occhiali ma voglio comunque cercare di stare avanti, così vado subito al botteghino a ritirare i biglietti. Rispetto all’ultima volta sono state aggiunte più file di sedie e riesco a capitare in terza fila con mia massima soddisfazione. Stasera si recita Shakespeare, e io William l’ho iniziato ad amare a quattordici anni quando trovai una raccolta di tutte le opere con testo a fronte: quel tipo sapeva descrivere esattamente i miei drammi adolescenziali.
il più famoso verso dell’Amleto inizia a riecheggiare nella sala
Sono le 21:10. Si spengono le luci e il più famoso verso dell’Amleto inizia a riecheggiare nella sala, ripetuto più e più volte e con l’eco entrano in scena anche gli attori. In scena continuano a ripetere l’incipit del noto monologo, cambiando intonazione, dizione e tono della voce; sembra quasi stiano facendo dei classici esercizi di riscaldamento da attori.
Sta per succedere qualcosa! Lo sento! Altrimenti non avrebbero mai iniziato a recitare da metà! Penso concentrata mentre provo ad anticipare la prossima scena: sforzo inutile. I tre attori sul palco stanno destrutturando il principe di Danimarca.
Non ci sono ruoli predominanti e i tre attori sono credibili in ognuno dei ruoli che ricoprono.
Invece mi rendo conto che le “mutazioni” sono semplici da seguire e accolgo a pieno l’invito del regista Giovanni Meola a distaccarsi dai ruoli maschili/femminili nel teatro e dagli attori legati ai caratteri principali e secondari dei personaggi interpretati. Non ci sono ruoli predominanti e i tre attori sono credibili in ognuno dei ruoli che ricoprono.
Gli attori sono sempre tutti contemporaneamente sul palco, con loro oltre ad un microfono per i monologhi interiori li accompagnano alcune canzoni in sottofondo a sottolineare e descrivere meglio delle parole quanto recitato. Al momento dell’uscita di scena definitiva, mi accorgo però che per tutto il tempo sul palco c’erano due Amleto: il secondo è proprio Meola che come Amleto usa l’artificio della rappresentazione teatrale per raccontare la verità.
Mentre vengono ripetuti i versi dell’ “essere o non essere”, come all’inizio dello spettacolo, io fra me e me canticchio “Imitation of life”.
Abbiamo visto:
Amleto (o il gioco del suo teatro)
di Giovanni Meola
Al Teatro Tram di Napoli.Si ringrazia l’Ufficio Stampa.