Indifferentemente
Io u sacc parlà o’ napulitan!
Dico con tono serio e accento forzato ai miei genitori, mentre con la macchina piena di bagagli lasciamo per sempre la Sicilia in direzione di Napoli. Avevo sei anni e della città di Partenope conoscevo solo la musica che ascoltavo con mio nonno quando tornava per Natale.
Venerdì sera: poca gente in giro, anche il freddo sembra essersi calmato un po’; entro nell’androne di un palazzo e da lì imbocco le scale di un piccolo teatro che ricordo essere stato un locale e prima ancora una sala prove: sono al TRAM.
Stasera sul suo palco ci sarà lo spettacolo Indifferentemente. Voci e suoni del Sud, ideato da Laura Cuomo, cantante e ricercatrice vocale, con Francesco Luongo.
Il posto è piccolo, riservato, e già quasi pieno al mio arrivo. Quando si parla di musica napoletana si introduce un argomento sempre troppo vasto che spazia dalla canzone della tradizione del ‘500 ad oggi, e c’è sempre la paura che si possa scadere in qualcosa di nazional popolare, volto solo a fare ammuina, senza dare il giusto spessore a una vera e propria arte.
Ma questo timore svanisce subito (per fortuna). Sul palco ci sono tre ragazzi vestiti in nero su sfondo nero, un po’ come a dire, non è a noi che dovete badare, ma alla musica e al suono che si staglierà da questo sfondo buio. Il trio si chiama “Ra di spina” e vede sul palco oltre a Laura Cuomo e Francesco Luongo anche Sonia Totaro: a loro il compito di dare l’incipit al viaggio musicale che andremo a fare di lì a breve, partendo dalla musica tradizionale pugliese e lucana (con un omaggio ad Antonio Infantino) fino a risalire alle pendici del Vesuvio. Un viaggio musicale moderno, non più su carrettini sgangherati ma su monopattini elettrici, come il sinth vocale utilizzato all’inizio della performance che, se per un attimo fa storcere il naso, dà subito contezza dello scopo del trio: musica delle radici ma che guarda avanti.
cantando di astri, marinai innamorati, amori non ricambiati e belle figliole
Il viaggio da Enna a Napoli è lungo, ma il sorriso dei miei genitori rimane costante per tutto il tempo: torniamo a casa dice con fierezza mio padre appena sbarcati in Calabria. Il tutto è arricchito da intermezzi recitati e assoli a cui non manca un sottofondo ironico che piuttosto che screditare l’intento divulgativo della serata ne aumenta la portata.
Il concerto continua con altri classici e pietre miliari della tradizione musicale partenopea e campana, e cantando di astri, marinai innamorati, amori non ricambiati e belle figliole si “citano” fra gli altri Raffaele Viviani e Salvatore Di Calabria.
Il pubblico segue composto, attento; l’acustica non è delle migliori e il suono sembra distante più che avvolgente, ma al momento della Tammurriata nera non manca il battito di mani della platea ad accompagnare le note.
Siamo quasi al termine della serata, i musicisti avvolti dal calore del pubblico ci regalano un ultimo brano di Eugenio Bennato, portandoci così alla fine di questo viaggio nella cultura e nella tradizione: partiti dal profondo Sud, approdati sulle coste di una Neapolis che abbiamo visto tramite le note, la letteratura e la poesia assumono la configurazione della Napoli odierna. Possiamo finalmente dirci arrivati.
Si accendono le luci nella saletta nera. Penso, sorridendo fra me: sono tornata a casa.
Abbiamo visto:
Indifferentemente. Voci e suoni del sud.
Al Teatro Tram di Napoli.
Si ringrazia l’Ufficio Stampa.