Lettura n.9 La via del bosco
“Questa è la storia di un viaggio cominciato quando la mia vita si è ritrovata capovolta: un giorno Eiolf è andato al lavoro e non è tornato a casa. Non è tornato mai più. La vita, per come la conoscevo io, è sparita di colpo. Il mondo è cambiato per sempre”
Il sottotitolo di questo libro è Una storia di lutto, funghi e rinascita. Che relazione ci potrà mai essere, vi starete chiedendo, fra i funghi e il lutto? Una donna di origine malese trasferitasi in Norvegia incontra un ragazzo e se ne innamora, si sposano e vivono una parte della loro vita con complicità e amore come se dovesse essere per sempre, perché quando si ama si ama nel futuro anche. Tuttavia accade l’imprevedibile. All’improvviso, Eiolf muore. Senza preannuncio alcuno, senza malattie, senza vecchiaia. Muore nel mezzo della vita, nel mezzo dell’amore. Ci sono alcune morti che non si annunciano. Questa dolorosissima perdita fa da cesura fra una vita prima e una vita dopo che lentamente inizia ad assomigliare ad una non vita in cui la donna inizia un duplice viaggio: nel regno dei funghi- un mondo a se stante – e dentro sé stessa.
Con la morte della persona amata se ne vanno tanti pezzi della nostra memoria e scompare colui che poteva aiutarci a ricomporla, restiamo soli e abbiamo bisogno di ridefinire la nostra identità. E questa identità cosa è diventata dal momento in cui tutti la identificano con la vedovanza? Chi è questa donna adesso che sopravvive in quella terra di mezzo che non è né sposata né sola ma vedova? La stessa di prima eppure diversa, cambiata dall’evento che l’ha travolta e quale parte di sé stessa se n’è andata per sempre? Forse la migliore, quella che Eiolf sapeva restituirle. Ricordo sempre quello che diceva mia nonna quando in età molto avanzata aveva perduto tutte le persone più vicine a lei, il rammarico più grande era proprio non avere l’aiuto a ricostruire parti di una memoria personale che andava perdendosi nell’oblio del tempo.
Il lutto è un tunnel da cui lentamente questa donna esce addentrandosi nel verde della natura e diventando un’esperta di funghi. Come una pellegrina nel bosco procede meticolosa e attenta alla ricerca di funghi, il suo progredire nell’esperienza e nello studio della micologia, il suo superare esami per ottenere riconoscimenti come esperta di funghi, il suo catalogare, cercare, assaporare, scovare fungaie segrete, il suo condividere con altri l’ossessione e la passione dei funghi, e il suo stare in solitaria nel bosco. Tutti questi aspetti messi insieme la conducono lentamente fuori dal lutto, attivando di nuovo tutti i suoi sensi.
I sensi, quelle antenne che collegano al mondo emozionale in cui ci muoviamo e che sembrano non funzionare più quando siamo sopraffatti da un dolore forte.
Questo libro non è una storia sulla resistenza, o sulla resilienza parola che piace a molti dire, nessuno dei due termini riesce a restituirmi la giusta sensazione che ho provato leggendo. La parola più semplice del mondo è sprigionata da questa lettura: vita. Questo è un libro sulla vita e non sulla morte o sul lutto o sui funghi. Alternando pagine personali in cui l’amore per Eiolf e la sua mancanza sono narrate con trasporto e profondità d’animo a pagine in cui la micologia fa da gigante con i disegni dei funghi e le descrizioni e i sapori e l’idea che qualcosa di misterioso accomuni i nostri destini a quelli della vita pulsante sotto la terra e ai piedi degli alberi, la lettura avanza con passaggi anche leggeri e pieni di grazia, addirittura ironici e assai competenti in cui l’autrice intreccia il suo sapere del paese d’origine a quello del paese che l’ha accolta. Riflessioni profonde lo abitano, e rispecchiano la concezione orientale in cui si lascia spazio alla morte anche in vita rispetto all’occidente in cui la morte sembra non doverci riguardare se non nel momento estremo, così da farci tenere alla larga. Una prospettiva inedita su come vivere dopo un dolore e un lutto, e su quanto il nostro senso di colpa nel lasciare a noi stessi l’occasione di continuare a essere felici prema sul cuore come un masso, solo perché siamo figli e vittime di convenzioni sociali. Una lettura che ci dice dolcemente che si può, si deve, si vuole tornare a concedere a noi stessi l’occasione della felicità senza ombre di colpa. Tornare a nascere con un po’ di tempo, con tanto amore, con l’aiuto dei riti, e soprattutto con la presenza degli altri che non ci faranno sentire né invisibili, né soli.