ViSo-Visuale Sociale: il precariato e lo sfruttamento sul lavoro visto dalla nuova generazione
Il progetto di ViSo nasce da un’idea di Valeria Marchese, promosso dall’Associazione Culturale Poesie Metropolitane e in collaborazione con Facciunsalto. Lo scopo della rubrica è quello di analizzare eventi e aspetti sociali attraverso un’intervista dedicata ad autori che hanno deciso di scrivere in merito a tematiche d’attualità o dibattito. La conversazione sarà avviata a partire da un breve componimento, in prosa o versi, firmato dal poeta.
Questa settimana abbiamo affrontato un tema molto discusso ultimamente, soprattutto alla luce delle nuove proteste operaie e dall’allarme lanciato dall’ISTAT in merito ai morti sul lavoro: stiamo parlando del lavoro in fabbrica e dei diritti dei lavoratori.
In merito alla questione si è espresso Luigi Pellegrino, studente ventunenne di lettere moderne presso la Federico II di Napoli e collaboratore della rivista e collettivo SulSud, attraverso il suo componimento “Sogni Precari”
Sogni Precari
Le quattro di mattina da quarant’anni
Il futuro non è mai stata una carezza
Se a costruire è tutto tranne una certezza
Un uomo ricco di dovere
Non può mettersi la mano sul cuore
La coscienza è pulita
Ma il suo petto si sporcherebbe di polvere
E li vedi tutti uguali
Solo perché hanno gli stessi fantasmiLa bandiera di Daria, è l’indipendenza
Nuotare con la merda fino a galla
Raggiungere i tuoi sogni
Correndo per la sopravvivenza
Senza tempo, Daria, è diventata una guerriera
E un foglio bianco in scadenza
La tiene prigionieraAntonio sognava di fare questo
una vita per raggiungere un lavoro onesto
Quattro figli da sfamare
e un’anima che adesso si può sfruttare
Una vita con le catene ai polsi
Antonio, conosce lezioni e coraggio
Ricominciando sulle catene di montaggioTullio, sognava di fare l’attore
Occhi profondi da trovarci riparo
Nessuna lacrima quando lo stavano licenziando
Tullio, sognava di fare l’attore
E oggi si è buttato dal terrazzo
Sognava di fare l’attore
E non stava recitandoLa vita ti fa a pezzi
e te li fa pagare a prezzi cari
La vita ti fa a pezzi
E te li fa pagare a prezzi cari
Buonanotte Tullio
Buoni sogni precari
Buoni sogni precari
«Sogni precari racconta di una vita alienata, intrappolata agli ingranaggi di una macchina. Perché hai scelto di affrontare questo tema e viverlo attraverso gli occhi dei personaggi dei tuoi versi – ora Daria, ora Antonio-?»
Ho deciso di affrontare questo tema per due motivi.
Il primo è che i “sogni precari” sono il problema centenario in cui la mia generazione si sta interfacciando per la prima volta. Questa volta forse, portiamo un fardello più grande sulle spalle. Sappiamo tutti in che momento storico stiamo vivendo, l’intero paese è alla ricerca di una ripresa economica. Molti imprenditori che offrono per dieci-undici ore al giorno una paga che va al di sotto dei seicento euro, dicono di non trovare giovani che hanno voglia di lavorare.
Non manca la voglia di lavorare, manca la voglia di essere sfruttati.
Il secondo motivo è che ho conosciuto bene questo mondo. Ho vissuto giorno per giorno negli ingranaggi di questo meccanismo e questo mi ha aiutato tanto a raccontarlo con gli occhi dei miei personaggi.
«Sogni precari indica quasi una disillusione, un sogno finito male, la necessità del lavoro per puro vivere che tutt’ora è molto diffuso. Quanto puoi considerarti un giovane dai sogni precari?»
Il termine precario deriva dal latino “precarius” e indicava qualcosa conquistato con la preghiera. L’assonanza con il significato moderno del termine è pura satira ma in Italia, appunto, dove anche la meritocrazia scarseggia, il futuro non è un diritto ma diventa sempre di più un’ardua conquista.
I “sogni precari” vuol dire entrare a far parte del 30% dell’occupazione lavorativa in modo precario dei giovani meridionali (un altro 30% dei giovani nel sud italia è disoccupato). Ed è una paura che mi appartiene: inseguire qualcosa che è controllato solo da un domani incerto.
«Le catene di montaggio e le fabbriche spesso oltre a mezzi di produzione diventano dei veri e propri cimiteri. Cosa pensi degli innumerevoli casi di morte sul lavoro che soprattutto ultimamente stanno avendo sempre più voce? Luana D’Orazio, ad esempio, quanto avrebbe in comune con Antonio?»
La voce sulle morti sul lavoro non sarà mai abbastanza fino a quando cesseranno.
Ed è una piaga globale, in alcuni posti remoti del mondo, sappiamo benissimo che andare a lavoro è un’azione che non ti assicura per nulla il rientro a casa, anche bambini scavano nelle miniere o faticano in posti non adatti alla condizione umana, per estrarre materiali essenziali allo sviluppo di oggetti che sono diventati fondamentali nella società moderna, come i cellulari in cui ci stiamo scrivendo.
Spostando la lente d’ingrandimento al nostro paese, posso dire che l’Italia è un paese fermo, che fatica a svecchiarsi soprattutto nel mondo del lavoro. Molti operai lavorano con macchinari obsoleti e in spazi inagibili, non idonei ad un lavoro sicuro.
Ho conosciuto dai mass media il caso di Luana D’Orazio, morta a ventidue anni sul posto di lavoro. Luana era una ragazza come Daria, che combatteva per la sua indipendenza, per la famiglia che si stava creando, con tutta una vita davanti.
A volte i numeri parlano più delle parole:
In Italia i morti sul lavoro, dall’inizio del 2021 fino a fine Agosto, sono 772 e i feriti più di 349.449.
Da giovane, è difficile identificarmi in una realtà che possa darmi una rassicurazione per il futuro.