La bohème, una ragazza contemporanea
Il volo per Palermo è stato tranquillo, l’arrivo in città, come sempre, mi ha messo in allerta, come quando sai di incontrare una persona importante e vuoi dare il meglio di te. Subito una passeggiata, fino al Teatro Massimo, dove all’indomani avrei visto La Bohème, nello specifico la recita con il secondo cast, che ho sin dall’inizio preferito. Le vie dorate di luci natalizie, la gente tanta, normanna e saracena, mille sfumature umane arrivate fino ai nostri giorni, e nuovi colori giunti da nuove vie, in un miscuglio magnifico che fa di questa città, a mio avviso, l’unica davvero multietnica in Italia. La fascinazione della Sicilia, e di questo luogo in particolare, è complicata da spiegare, da descrivere, va vissuta semmai. Qui si incontra di tutto, l’anima fortemente aristocratica, ancora forte, viva, immortale e quella più popolare, che convivono conoscendosi bene ma soprattutto conoscendo la propria identità. Palermo è un luogo dove la storia è viva, presente, in ogni angolo. È una città che sa narrare, in mille modi. Di certo, muta, non resta mai.
E proprio le voci hanno riempito il mio pomeriggio del cinque dicembre. Dopo la scalinata monumentale del teatro, vera ascensione al tempio della musica che è il Massimo, ho ritrovato l’atmosfera elegante e perpetua di questo vero monumento culturale. Peccato che per gli organi di stampa principali, quali la Rai, in Italia esiste solo la Scala di Milano. Inspiegabile, forse qualcuno non sa che questo paese è composto da altre regioni, oltre la Lombardia…
Mi chiamano Mimì, ha cantato Desirée Rancatore, in particolare stato di grazia. Ed ho immaginato quanto sia stato audace Puccini e quanto sia attualissimo. Mimì, una ragazza come tantissime altre, che chiede aiuto al vicino. Da una semplice necessità pratica parte tutta la vicenda. Insomma, cose di tutti i giorni e di tutte le decadi. Mentre sul palco si rappresentava il melodramma, mi chiedevo di quanto fosse cambiata oggi quella vicenda, di quante volte l’amore soccombe per le legittime necessità di sopravvivere, o per condizionamenti culturali. Ho pensato a quante volte la legittimità di essere sé stessi, impedisca una vita dignitosa, serena. Puccini di sicuro non mi immaginava tra i suoi spettatori, ma a distanza di tantissimi anni la sua opera induce ancora riflessioni, confronti, interrogativi. E questo è stato per me rivelatore, appagante, risolutivo in qualche modo, ampliando ai miei occhi la valenza di uno spettacolo indubbiamente di alto livello.
A chi non conosce il teatro d’opera, auguro vivamente di farne l’esperienza. Non crediate che tutto si limiti alla musica, alle canzoni o alla recitazione. Questo è un discorso che può valere per il cinema, per la tv. Sono prodotti di un clima asettico, rifinito e limato infinite volte, fino a farne spesso o un’opera autoreferenziale, o peggio, di infima qualità. Tutto questo accade raramente a teatro. Perché pur esistendo concretamente la possibilità di assistere ad una rappresentazione scadente, esistono mille dettagli che rendono l’esperienza in ogni caso arricchente. Tutto fa parte dello spettacolo a teatro: pubblico, cantanti, attori, ballerini, musicisti, sarti e sarte, maestranze. Avete idea di cosa sentivo dal palchetto Bellini dove ero comodamente seduto? Il rumore delle pagine degli spartiti, che i musicisti voltavano velocemente con un gesto sicuro, all’unisono, come fossero un corpo di ballo, e già questo ipnotizza. I rumori a sipario chiuso poi… Accendono l’immaginazione come se si stesse incendiando il cervello. Ho sentito martellare ad un certo punto: su cosa, perché e da chi? E i visi dei cantanti? Ho udito la Rancatore tossire e al contempo le ho visto la sofferenza in faccia. La più vera, credibile, sofferenza per finta che solo chi sente intimamente il personaggio sa restituire. O sei Mimì sul serio, oppure ti presti ad essere fischiata. Ma la Rancatore aveva cambiato nome ancor prima che si aprisse il sipario. Era Mimì, e questa è magia!!
Per me Palermo è amicizia, affetto, calore, forse un po’ famiglia e non potevo evitare di farmi raccontare dai carissimi Anna e Giuseppe cosa fosse accaduto la sera della prima. Loro due, come sempre, presenti e competenti. Mi hanno raccontato con la tipica parlata veloce e piena di suoni. Che meraviglia, sono fortunato, per me lo spettacolo comincia sempre prima e non finisce con l’ultimo atto, perché poi, è chiaro, se ne deve parlare. Questa è l’opera!! Discordanti i loro pareri per la sera precedente, ma concordi quelli di tutti noi, alla fine di questa recita, perché dovete saperlo, due melomani di vecchia data, non possono perdersi il confronto fra primo e secondo cast, che si sappia,e quindi c’erano anche giorno 5! Lo spettacolo ci è piaciuto, ci ha emozionato. E qualcuno ha pure pianto, perché se Mimì muore da oltre un secolo, ciò non toglie che proprio non lo meritava.
All’altezza tutto il cast, bello vispo e presente. Coordinati, in sintonia, naturali, spontanei. Ho apprezzato l’allestimento classico, tradizionale, le scene dipinte, i costumi, tutto. Sono uscito con la sensazione di aver vissuto, per circa tre ore, un pezzetto di vita da bohemienne.
In scena ancora stasera e domani. Chi può, sempre che vi siano ancora biglietti, accorra!
P.s. Ma Francesca Jacona della Motta di San Giuliano, coniugata Florio, più conosciuta come Donna Franca, dove si sedeva quando andava all’opera?
Abbiamo visto La Bohéme di Giacomo Puccini
al Teatro Massimo di Palermo
Si ringrazia l’Ufficio Stampa
Le foto di questo articolo sono state realizzate personalmente