Lettura n.8 Le magnifiche invenzioni
“L’allegria non era mai stata questione di carattere. Fin dal principio era stata questione di sopravvivenza”.
Napoli, sempre Napoli, raccontarla non è poi così facile come molti possono credere, anzi, è sovente sovraesposta, è stra-raccontata ovunque e rischia di far cadere l’occhio del narratore sui cliché e i luoghi comuni. Napoli e la sua storia ricchissima talvolta diventano una cosa già vista, qualcosa che quasi quasi ci procura un certo fastidio, o almeno a me a volte succede così.
Perciò la prospettiva da cui parte il racconto nel libro di Mara Fortuna è ancora più preziosa. Siamo alla fine dell’Ottocento, a Napoli, la miseria di certi quartieri, il Cavone, due fratelli orfani di padre, una madre indurita dalle difficoltà della vita, l’arte di arrangiarsi, le passioni da inseguire e la fame da colmare, i sogni, gli incontri fortuiti e il futuro con le sue speranze e le incertezze. Questi alcuni degli ingredienti della bella storia di Le magnifiche invenzioni, una narrazione in cui tutto è un ribollire di emozioni e di momenti di creatività che vogliono spiccare il volo. Sollevarsi da terra come fa un ballerino talentuoso nell’atto del saltare in aria. E tu lo vedi proprio davanti agli occhi quel Gaetano che fa le piroette e pensi “quant’è bello e com’è bravo sto ragazzo!”, senti l’odore dei vicoli dove abita e dove sogna un futuro migliore, percepisci la polvere nelle narici quando sgambetta su un palcoscenico sognando l’altrove. E come potrebbe mancare il sogno d’amore? O il desiderio di andar lontano? Gaetano non è l’unico a nutrire i sogni, c’è anche suo fratello Tunino, un personaggio molto affascinante dal mio punto di vista, fratello del ballerino, lui però sogna di diventare un inventore. Vuole il miracolo, quello che molti di noi hanno sempre sognato: volare! È un attento osservatore del volo degli uccelli, studia come meglio può quando non deve occuparsi di guadagnarsi letteralmente il pane, ha tanta fede Tunino, sa ascoltare il cuore e nonostante le batoste della vita crede nel futuro.
Mi piace la sua forza, mi fa innamorare delle infinite possibilità dell’esistenza umana.
“Tornò alla marina a osservare gli uccelli in aria, quando atterravano, quando ammaravano, quando spiccavano il volo. Si accorse che i venti cambiavano direzione con regolarità nel corso della giornata. Chiese ai pescatori, ai barcaiuoli, alle lavannare che stendevano i panni alla marina di Santa Lucia. Tutti ridevano tra i denti di quello strano ragazzo con gli occhi scavati dal sonno che chiedeva del vento come fosse questione di vita o di morte. E si, dicevano, il vento gira nel golf, come un orologio, dicevano alcuni, come un girasole, dicevano altri”.
Ma non c’è solo Napoli nello svolgersi della trama, l’autrice ci porta pure a Parigi, ci fa appassionare all’epoca delle scoperte, alla positività dell’illuminismo e dei suoi idoli, alla enigmatica figura di Étienne Jules Marey, scienziato visionario, e dei personaggi che lo accompagnano, alla sua casa affacciata sul mar di Posillipo, alle piccole vite pregne di senso delle persone che gli gravitano attorno, in particolare alla bella Apollonia che con sprezzo coraggioso di un dolore segreto sa abbracciare ancora con ardore la vita e l’amore.
Ci sono i gesti dell’anarchia e il vivido sogno di ogni libertà, quella individuale e quella collettiva, c’è la diversità a volte emarginata a prescindere dalla cultura e dalla sensibilità e soprattutto c’è la speranza concreta di progettare un futuro migliore. Tutto questo trovate nella storia de Le magnifiche invenzioni.
Appena chiuderete l’ultima pagina vi verrà voglia di ricordare quali sogni vi hanno abitato. Che succede a coloro che rischiano di inseguire i propri sogni? Chissà, forse imparano a spiccare il volo anche se non hanno le ali.