E senza benzina o gasolina
L’altro giorno mi sono fermato a fare benzina al solito posto. La stazione di servizio è su una strada che congiunge capannoni industriali con altri capannoni industriali. Nel mezzo c’è una zona artigianale, una tavola calda dove si mangia bene e ti trattano di merda, un’altra dove si mangia di merda e ti trattano bene, un’altra ancora che è bellina da vedere, ma come si mangia non lo so perché sicuramente si paga tanto. Poi ci sono due pompe di benzina, tre concessionarie auto, un tizio calabrese che vende arance siciliane, un parcheggio che alla sera si trasforma in ritrovo per coppiette e relativi guardoni, un palazzo di vetro che ancora devono capire cosa metterci dentro, un paio di negozi di arredamento che proprio no. Sono sceso dall’auto e ho stirato le braccia. Il sole non era propriamente malato, ma manco aveva un bell’aspetto. L’aria odorava di tante cose e nessuna era piacevole. Una lancia carica di auto ancora da immatricolare ha sfrecciato alle mie spalle a velocità così sostenuta che mi ha fatto trasalire. Che cazzo, mi pare di aver detto. Davanti a me c’era un campo pieno di erbacce. Una gazza zampettava sotto un cartello che diceva “Vendesi lotti edificabili”. Il benzinaio è arrivato e ha salutato. Uno scaldacollo blu gli copriva bocca e naso. Io gli ho detto: Ma cosa edificano che c’è pieno di capannoni sfitti? Lui ha fatto spallucce. Ho guardato la basetta grigia sul lato sinistro del viso mentre apriva il serbatoio della mia auto. Ha premuto la levetta, il gas ha iniziato a scendere e lui ha fatto nuovamente spallucce. Non sono cose che devono interessare a un benzinaio queste.
Allora, intendiamoci. Io ho detto “fare benzina” così per dire, in verità era gpl. Il carburante ognuno lo chiama come vuole. Una volta mio nonno mi ha detto: tieni dieci euro, facci nafta. Ai tempi avevo un’auto diesel. Lui invece aveva un pollice enorme e un indice solcato da ottanta generazioni di piante di pomodoro. Aveva pure una flanella di lana e le spalle del colore del Nesquik. Il benzinaio del mio paese invece lo chiamava cherosene. Non faceva mai un cazzo di niente quell’uomo. Gli piaceva parlare, questo si. Una volta mi si è avvicinato e mi ha chiesto se avevo la morosa. Che cazzo ti frega? E poi che cazzo di morosa vuoi che abbia? In paese siamo nove maschi e una femmina ovviamente fidanzata e con una lista di attesa di tre anni almeno, per trovare una morosa bisogna fare come i romani con le sabine, ma io ho quindici anni, sono ancora tutto da fare e mi sa che i sabini mi legnano e mi rimandano sul Palatino a calci in culo. Per il momento faccio da solo e va bene così, guarda, che vedo che anche i miei amici hanno tanti discorsi ma poi i giornaletti sconci in edicola il martedì non li trovi già più. Adesso se mi fai benzina mi tolgo dai coglioni che in Tv c’è la tappa del Col du Galibier. Ecco, questo avrei voluto dire. Invece mi sono fatto rosso come i pomodori di mio nonno e con un alito di voce ho risposto: ma si, c’è una, una che sta a Milano. Che esisteva davvero, era una tizia che avevo visto una sera alla festa de l’Unità l’estate prima. Non c’avevo scambiato manco una parola, però mi aveva sorriso. Erano tempi così grami che un sorriso valeva come tutto l’harem di Gengis Khan. Allora il benzinaio si è messo a ridere e a dire che ha capito di chi stavo parlando e col cazzo che quella lì mi voleva me. Ho corrucciato le labbra e corrugato la fronte. Le mani mi tremavano, la schiena era madida di sudore e forse mi veniva un po’ anche da piangere. Ho cercato aiuto nello sguardo della moglie, che nel frattempo stava riempendo il serbatoio del mio scooter con una sigaretta in bocca. Ma anche lei se la ghignava. Con gli occhi però, che altrimenti sarebbe caduta la cenere e patapumf. Non è mica giusto dirmi queste cose, ho pensato una volta inforcato lo scooter. Cinque anni dopo mi ha fatto la stessa domanda, ma stavolta l’ho mandato a cagare. Che Roma all’inizio era una ciurma di pecorai ignorantissimi che faceva cose ridicole tipo rubare donne ai sabini e prendeva mazzate un po’ da tutti, anche da tribù con nomi tipo Equi e Osci che vivevano in palafitte e probabilmente non sapevano nemmeno di chiamarsi Equi e Osci.
Poi però.
Mi ci vedo come un Cincinnato, comunque.
Va beh.
Finito il rifornimento di benzina (gpl, sorry) mi sono diretto al gabbiolo dove sta la cassa. Si entrava due per volta. Ho aspettato il mio turno guardando la donna in fila dietro di me riflessa nel vetro della porta. Sbuffava, andava di fretta. Poi si è messa ad ascoltare un vocale esprimendo dissenso. Ha un cappellino rosso intonato con il rossetto e le unghie. Stime: cinquanta cinquantuno anni, due figli, lavoro impiegatizio. Il gabbiolo è un container di qualcosa. Sono entrato. Ancora una persona dinnanzi a me. Alle pareti due calendari vecchi del Parma calcio e una foto di gruppo di gente avvinazzata e felice. C’era anche una Tv dietro alla cassa. Si parlava di amicizia. La qualità del discorso non era al livello di Roma quadrata, ma comunque poco più in là. Il tizio che mi precedeva alla cassa si è sentito in dovere di dire qualcosa. “Gli amici, gli amici” ha detto. Aveva dieci centimetri più di me in altezza e quaranta in vita. Ho creduto non gli sarebbero venute alla bocca altre parole. Invece dopo qualche secondo ha cambiato la gamba di appoggio e concluso “vatti a fidare degli amici”. La signora dietro la cassa ha fatto ruotare l’anello in attesa che il Pos terminasse l’operazione di pagamento. “C’hai ragione” ha detto “Pensa che io avevo un’amica per la pelle che siamo state inseparabili per vent’anni e adesso non ci facciamo manco gli auguri per Natale.” Poi ha scrollato la testa e strappato la ricevuta dal Pos. L’uomo ha fatto una risata sommessa. Mentre usciva ha canticchiato “…E senza benzina o gasolina”. Non male.
In macchina ho messo anch’io la canzone di Rino Gaetano. Quando mi mettono in testa un’aria è un disastro, non c’è altro modo di uscirne che ascoltarla. Il panorama a lato della strada è desolante. Ripenso alle parole della cassiera. É difficile essere amici per una vita intera. Superare i periodi di fidanzamento, le scelte di vita differenti, la nascita di figli, le opinioni differenti riguardo ad amici terzi. Si rimane amici, ma si finisce per guardarsi negli occhi con un po’ di imbarazzo. Scusami, non so cosa dire, abbiamo fatto così tanta strada separati che ora non ricordo nemmeno più dove eravamo rimasti. Fa niente, ordiniamo da bere e guardiamo il bancone. Ci vai ancora allo stadio? Eppure ci eravamo tanto amati. Non mi manca niente delle mie ex, ma i periodi che ho passato a fare il coglione con te, cazzo se li vorrei rivivere ancora.
Ambo, terno, tombola e cinquina
Se vinco mi danno un litro di benzina
Su un capannone grigio campeggia la scritta “Vendesi gasolio di qualità”. Anche gasolio, giusto. Come detto, ognuno gli dà il nome che vuole.