ViSo-visuale sociale: la religiosità nella società contemporanea
Il progetto di ViSo nasce da un’idea di Valeria Marchese, promosso dall’Associazione Culturale Poesie Metropolitane e in collaborazione con Facciunsalto. Lo scopo della rubrica è quello di analizzare eventi e aspetti sociali attraverso un’intervista dedicata ad autori che hanno deciso di scrivere in merito a tematiche d’attualità o dibattito. La conversazione sarà avviata a partire da un breve componimento, in prosa o versi, firmato dal poeta.
La tematica su cui è incentrato questo nuovo appuntamento è la religiosità nello spazio pubblico; a condurci nel suo pensiero attraverso le sue parole è Irene Mascia, 19 anni, ex classicista liceale e studentessa di lettere classiche presso la Federico II di Napoli. E’ autrice del libro “Il Silenzio – Storia d’Amore tra Me e Me Stessa”, una raccolta di poesie vissute ed intese come un’arma di cui servirsi per cambiare il mondo. Fondatrice del blog di poesia ed attivismo Momenti DiVersi e scrive per il periodico locale “Articolo 16”.
Partiamo da versi netti, decisi, che ci introducono all’argomento quasi con la naturalezza di un innamoramento.
La Chiesa e l’Amore
(dedicata a tutti quelli che “Dio ha creato Adamo ed Eva…”)
E ci ricordano che siamo tutti malati
che non ci sarà Paradiso per noi
che le fiamme faranno male
come le pugnalate dei passanti
eppure non capiranno mai che
io il Paradiso già l’ho visto tra le sue braccia
e la mia malattia è la gioventù
a cui non interessa di essere curata
il mio amore brucerà tra le fiamme
ma io sarò ancora lì a venerarlo
perché solo l’innocenza dei miei peccati
sa rendermi umana.Amen
«Solo l’innocenza dei miei peccati sa rendermi umana. La colpevolizzazione, il rimorso e la spinta verso il pentimento e la castigazione sono i punti cardine dell’educazione cristiana a rigida matrice cattolica. Nonostante questo, il dito di giudizio ci viene puntato anche in ambienti che, apparentemente, con la religione non dovrebbero avere nulla a che fare. Se dovessi dare un volto a questo carnefice, quale sarebbe?»
La risposta sarà forse banale, se consideriamo che adesso vivo con la religione un rapporto molto conflittuale. Credo che la religione cattolica e il modo in cui essa ci viene presentata sin dalla nostra infanzia sia il carnefice in questione: il concetto di sofferenza è quello su cui fanno basare il nostro intero mondo. Da bambina in particolare ero ossessionata dall’idea di essere brava, disciplinata, religiosa, e sono cresciuta dunque con l’idea che una cosa vietata dalla Bibbia non si dovesse fare a prescindere, per partito preso, e non mi riferisco solo rapporti sessuali, ma in generale al godere troppo delle cose terrene, perché la felicità vera risiede in paradiso e non potevo conoscerla attraverso i beni materiali. Non accuso i miei genitori, che non sono neanche tanto legati alla religione, oppure i miei nonni, la mia accusa è rivolta verso la società che mi faceva sentire manchevole dinnanzi ad alcuni atteggiamenti che si aspettava io portassi a compimento. E poi anche da grande, quando ho iniziato a vivere le cose nel loro aspetto più materiale, ho effettivamente realizzato di essere stata plagiata, quasi ingannata, da questa comunità.
Credo che un fattore che abbia lateralmente inciso è anche il fatto di essere cresciuta in un paese più piccolo, a differenza della maggior parte della mia famiglia che viene da Napoli; tutto fa notizia e scalpore, inoltre la forza con cui gira il pettegolezzo non ha limiti. In molti casi, questo si basa proprio su una critica a sfondo religioso, ovvero una critica che nasce dal non essere conforme non a norme sociali o istituzionali, ma bensì religiose.
«Quanto trovi sia coerente la nostra pretesa di vedere alcune realtà accettate in contesti che li rifiutano per dogmatismo o partito preso? È giusto criticare il Papa per non benedire i matrimoni omosessuali, quando la religione di cui egli è portavoce sostiene il contrario? L’incoerenza appartiene a noi o all’istituzione religiosa?»
Questa domanda ha quasi uno sfondo teologico e posso rispondere entro certi limiti in quanto non sono esperta del tema. Esprimerò il mio parere in quanto ragazza che ha letto i testi sacri e non in quanto studiosa della disciplina.
Non so dirti fino a che punto arrivi l’ipocrisia. Ma credo nella morale universale, ovvero nel principìo del non fare mai del male o perpetuarlo, che in realtà è un principio anche molto cristiano, al quale poi sono stati aggiunti degli elementi culturali. Abbiamo tutti un’unica radice comune: il non fare del male, comune a tutti gli esseri umani e anche a tutte le religione.
Bisogna trovare sempre un punto d’accordo sotto varie realtà: anche prendere una presa di posizione avversiva nei confronti di tutte le religioni in generale è un atteggiamento negativo.
«La religione sta assumendo sempre più delle connotazioni personalistiche: parliamo di religione “fai da te”, dove ritroviamo chi abbraccia certi aspetti del credo e chi invece ne ripudia altri. Quanto pensi che questo incida con la strumentalizzazione che viene fatta delle religione?»
Il dogma religioso in realtà non è un vero e proprio dogma, ma un’intepretazione che noi diamo in relazione al tempo. La religione è cultura, è fatta di uomini che si mettono. Per questo ci sarebbe anche da aspettarsi che tra cento anni vedremo omosessuali sposarsi in chiesa.
La sensibilità religiosa si muove sempre più velocemente della religione stessa.