I piccioni si riconoscono allo specchio (dicono)
Mi piace sdraiarmi nel letto e ascoltare i rumori provenienti dagli altri appartamenti. Ecco, magari non sempre. Se leggo o scrivo, per dire, anche no. A meno che non legga riviste, che allora pure la radio accesa posso accettare. Va bene, se devo essere sincero è probabile che qualche vicino si sia preso anche un canchero o due una qualche volta.
Ho capito, ricomincio. Mi piace, talvolta, insomma quando non ho niente da fare, ascoltare i rumori provenienti dagli altri appartamenti. Le voci attutite dal calcestruzzo, il gracchiare ovattato di una televisione, i passi felpati e quelli di tacco. Vite parallele e orizzontali.
L’altro giorno ad esempio me ne stavo sdraiato sul letto e leggevo su una rivista che i piccioni sono tra i pochi animali a riconoscersi allo specchio. Lì per lì non mi è parsa una gran cosa da scrivere su una rivista di arte, così ho preso la rivista e l’ho buttata sul pavimento. Poi ho alzato le braccia a toccare la testata del letto e mi sono messo ad ascoltare quelli di sopra.
Le parole non mi interessano particolarmente. Un tempo si, ora meno. Parlo di un tempo perché questa passione mi ha sempre accompagnato fin da quando ho memoria. Nell’appartamento dove vivevo quando ancora non mi cresceva la barba, per dire, il bagno era la parte della casa dove si captavano meglio i rumori degli appartamenti altrui.
A sentire mio padre, e credo avesse ragione, era invece la sala dove c’era la Tv. Sotto la nostra sala ce n’era un’altra di sale, sempre con Tv, e c’era anche una signora anziana con tanti gioielli e nessun apparecchio acustico. Così il volume era sempre a bomba e dava veramente un fastidio incredibile. Ricordo che a volte mia madre chiamava al telefono la signora ingioiellata e gli chiedeva di spegnere, ma non ho mai capito se fosse realmente disturbata dal volume o lo facesse soltanto per mettere a tacere mio padre.
Io preferivo ascoltare quelli di sopra che quella di sotto. Era gente dalla collera facile e si imparavano un sacco di parolacce e bestemmie ad ascoltare loro. Quando iniziavano il loro personalissimo rosario io mi mettevo, come detto, nel bagno. Poi ridevo a squarciagola, finché mio padre mi diceva che loro erano scemi e su questo non c’era dubbio alcuno, ma io che ridevo lo ero ancora più di loro.
Questa storia dei piccioni non so mica se è vera, comunque. Si, avevo già sentito dire che sono animali intelligenti. Però non sono d’accordo. Io credo che abbiano un grande potenziale, ma lo usino un po’ male. Ad esempio si dice che siano dei radar viventi e sarà anche vero, ma a me pare che le mappe che tengono in quella testa bigia le usino più che altro per centrare il tettuccio delle macchine in sosta. Boh. Ad ogni modo l’altra sera ci pensavo per davvero a questa cosa dei piccioni. Anche perché i rumori provenienti da sopra si erano affievoliti troppo presto e io mi ero intristito un po’. Quando butta così so già che tempo venti minuti e mi sale la nostalgia di quando ero bambino. Quella bestia si attacca a tutto, sfrutta le mie debolezze per insinuarsi nel mio corpo. E una volta che è dentro io sono fottuto. Ma io non la voglio, non me ne faccio niente di lei.
Però erano bei tempi. Magari allora pensavo fossero una merda e a dirla tutta mi annoiavo un po’ anche allora. La televisione non mi piaceva, per i videogiochi non avevo pazienza e fuori casa un po’ ci andavo, ma poi se le cose non giravano come volevo io tornavo a casa e magari il giorno dopo manco uscivo.
A volte anche io producevo un po’ di rumore, giusto per allietare gli altri con il mio baccano come loro allietavano me. Allora facevo cose tipo saltare giù dal letto e atterrare a piedi pari o far cadere le biglie sul pavimento. Poi però mi ricordavo che sotto di me c’era una signora con tanti gioielli ma nessun apparecchio acustico e tanto valeva piantarla lì.
Ecco, ora non avrebbe senso uguale, che sotto di me ci stanno solamente i garage. Così anche l’altra sera, quando mi ha preso la malinconia, ho preso Il lupo della steppa di Hermann Hesse e l’ho sbattuto due volte per terra. Ho guardato quel tomo inconsapevole dei miei gesti inconsulti e mi sono detto: chi vuoi allietare con questi colpi? Una macchina?
Mi sono intristito anche più. Sono andato alla finestra. Sul davanzale c’era un piccione.
Mi guardava. O forse guardava sé stesso.
Che i piccioni, a quanto pare, si riconoscono allo specchio.