Un Colloquio a teatro
Uno stanzone super illuminato, un lungo tavolo, tante sedie, Aldo.
Aldo si muove nervosamente nella stanza, passeggia impaziente per tutta la sala, si avvicina all’angolo ristoro, si siede, si alza nuovamente per accogliere Fabio e poi siede ancora.
“Meglio non socializzare troppo” sostiene Aldo.
Fabio invece appare sereno e rilassato, lascia la sua borsa su una sedia e entra in contatto con l’ambiente circostante; si versa un po’ d’acqua e apre la porta della stanza a Gaia.
Gaia entra sorridente e luminosa, spingendo senza nessuna fatica la sua sedia a rotelle. Il suo percorso per raggiungere il tavolo viene interrotto dalla telefonata del padre ansioso. La giovane matematica lo tranquillizza con risate stridule e raccomandazioni chiudendo la chiamata giusto in tempo per notare l’ingresso trionfante di Emanuele.
Emanuele è spavaldo, sicuro di sé e con l’atteggiamento di chi è certo di ottenere quello che vuole senza guardare in faccia a nessuno. Non si sottrae alle presentazioni cercando di mettere a proprio agio i suoi interlocutori.
“Meglio non socializzare troppo” tuona Aldo ancora una volta.
Anche Linda appare nervosa, entrando nella stanza con passo sicuro e recandosi immediatamente a prendere il suo posto attorno al tavolo, per poi introdurre se stessa in maniera fredda e distaccata al gruppo di persone attorno a lei.
Il suddetto gruppo viene completato da Giuseppe, in abito elegante ma un po’ affaticato e stanco, ha qualche anno in più degli altri partecipanti e sa benissimo a cosa stanno per andare incontro tutti insieme.
Il colloquio!
Armando è il responsabile delle risorse umane ed è lui che sceglierà chi assumere tra i candidati presenti, incaricato dall’amministratore delegato della società.
La situazione è chiara: una fossa dei leoni in cui gli attori e gli spettatori sono dentro insieme.
“Meglio non socializzare troppo” ripete Aldo continuamente e a ragion veduta forse, poiché scena dopo scena emergono i lati del carattere di ogni personaggio, alcuni confermati e ben delineati dall’inizio e altri totalmente sovvertiti dal susseguirsi dei fatti poiché il colloquio prende una strana piega.
E questa piega inizia a prenderla anche lo spettatore.
Che cosa farei io?
Dallo spirito di gruppo, in un vortice generato da battute sagaci, ritmi serrati e movimenti (im)precisi si passa alla sopravvivenza del singolo in cui emerge la crepa dello stereotipo nel quale ogni attore è stato incasellato.
L’essenza del personaggio viene portata pian piano verso lo spettatore e a volte anche verso se stesso, stupendosi delle proprie azioni e di cosa si è disposti a fare pur di raggiungere il proprio obiettivo.
L’indagine che viene presentata mira a evidenziare la verità che si nasconde dentro ai gesti quotidiani come un bicchiere d’acqua, un consiglio donato ma non richiesto, un’affermazione ironico-provocatoria, un silenzio. Quella verità ce la sentiamo dentro un po’ tutti, subita o generata non importa. La verità riaffiora pian piano e, quasi a volercene liberare, la ributtiamo sulla scena, sul palco, in quello stesso luogo dal quale è partita quell’emozione scomoda. La ributtiamo sul palco ma già sappiamo che tornerà di nuovo indietro, rimbalzando tra noi e i personaggi.
Non si smette mai di conoscersi!
Lo spettatore è quindi parte attiva di questa conoscenza e scoperta, non viene lasciato fuori dalle dinamiche del palco e, attraverso il sostegno dato dalla platea, riduce inevitabilmente la distanza che lo separa dalla scena poiché Il colloquio rappresenta una situazione reale in cui chiunque potrebbe rivedersi.
La competizione, il tentativo di affermazione che diventa prevaricazione, il confronto, la gara, la paura di fallire. La paura di fallire… ancora!
Prepara tre contratti!
Abbiamo visto
Il colloquio
regia di Marco Grossi
con Alessandro Anglani, Valentina Gadaleta, Marco Grossi, Savino Maria Italiano, Fabrizio Lombardo, Olga Mascolo, Giuseppe Scoditti, William Volpicella.
Teatro Kismet (Bari)Si ringrazia l’ufficio stampa