Con i tempi che corrono
“Vorrei una lattina di thè a limone, una di thè alla pesca e due bottigliette d’acqua liscia”.
“Sei euro”, mi risponde perentoria, e con un’abilità matematica da Nobel, la fanciulla dall’incerta origine dell’oriente europeo, collocata alla mansione di cassiera. Mentre pago, lei mette tutto in una busta e mi porge gentilmente il sacchetto, con tanto di sorriso tra la carie e l’oro. Io, dal canto mio, tento sconsolata di ricambiare il sorriso con uno che non regge la competizione, prendo il sacchetto e vado. Ma subito, ravvedendomi dalla mia sbadataggine, chiedo, sempre con un sorriso entusiasta ma che a confronto sfiora i limiti minimi di povertà, due bicchieri o due cannucce per poter più facilmente abbeverarmi alle lattine di cui sopra (per l’acqua di solito basta la tamarraggine insita in ogni essere umano dotato di senso pratico).
La fanciulla mi porge due bicchieri, rilancia con un sorriso ricco della preziosa ferraglia color del sole e mi dice con una seraficità degna del Dalai Lama: “Allora sono sei euro e cinquanta”…
L’attimo diventa mistico e il tempo si sospende greve, uno spessore di inconsistente nube avvolge i nostri sensi e intorpidisce le ghiandole che spurgano sudore e arsenico, le gambe vacillano, l’equilibrio si perde, ma io e la ferale fanciulla rimaniamo occhi negli occhi, io a visionare la fredda crudeltà a cui mi sottopone, lei ad assistere all’ultimo colpo sferrato e andato bellamente a segno.
Quando ritorniamo in noi e l’atmosfera attorno placa la sua velleità da far west, io vergognandomi della richiesta che avrei fatto di lì a poco, e che avrebbe mestamente sottolineato la mia poca classe, le chiedo se può cambiarmi i due bicchieri in cristallo di Boemia (probabilmente importati da lei) con due volgari bicchieri di carta, ringraziandola per aver pensato a me come ad una persona che, a prescindere, solo per aver ricambiato un indecifrabile sorriso, si era meritata i preziosi calici.
L’attimo diventa mistico e il tempo si sospende greve
Lo sgomento vero però mi colse quando mi comunicò, con un sorriso ancora più umiliante (perché raccontava di cose ovvie e scontate, alle quali evidentemente il mio becero cervello non arrivava) che i bicchieri erano già di carta e che il cristallo non lo trattava, perché pare che questo non abbia un buon mercato con i tempi che corrono (frase standard utilizzabile in tutte le epoche, in tutte le fasi storiche, in tutte le salse, anche mischiata con germogli di soia e licis).
Allora scruto con sguardo circospetto la femminea creatura oramai diventatami ostile e le intimo, in gran segreto, che non ero io la persona che stava aspettando perché io non avevo danaro da riciclare, e che forse cinquanta centesimi per due bicchieri di carta avrebbero potuto valergli una denuncia per usura considerato che un pacco da cento pezzi, di centesimi ne costa ottantacinque.
Per nulla turbata dal mio consiglio, l’orrida affarista continua imperterrita a sorridermi (che a quel punto temo si tratti di paresi), apre il sacchetto, si riprende con una certa avidità e affetto filiale i bicchieri, lo richiude e me lo ridà. Ed in un tenebroso silenzio, prendo il sacchetto col suo oramai misero contenuto, le do le spalle e con sussiego mi allontano.
Ma solo a qualche chilometro di distanza riesco a riprender fiato: temevo, in realtà, non che mi sparasse alle spalle per il mancato guadagno, ma che mi raggiungesse per chiedermi il risarcimento per il danno arrecato ai due contenitori di plastica dalla dubbia provenienza, che erano rimasti ammaccati nel tamponamento con le lattine di thè durante il loro breve soggiorno nel sacchetto. Perché io non mi sarei mai e poi mai potuta permettere di riparare al danno procurato, ed in modo particolare con i tempi che corrono… (frase standard utilizzabile in tutte le epoche, in tutte le fasi storiche, in tutte le salse, anche mischiata con patate novelle e capriolo in salmì con polenta di grano saraceno).