La Tempesta di Sinisi
E se raccontassi la Tempesta di Sinisi come se quella di Shakespeare non l’avessi mai letta?
Un Palazzo Ducale, quello di Andria, a cui hanno spostato la platea, persone come personaggi su un palco che diventa scalinata, un corridoio che a esso conduce come la passerella delle fashion week di Milano.
Una donna bambina di bianco vestita, Miranda, piange, è disperata perché sull’isola del padre Prospero è naufragata una nave, urla a colui che è artefice del disastro, un corpo che si contrae, la giugulare che scoppia. -Adesso calmati-, una delle perle che ci siam sentiti dire tutti almeno una volta nella vita e che ti fa incazzare ancora di più. C’è anche un tizio, sembra Mercuzio, magari è un’altra tragedia. Interviene come se fosse della scena e in effetti lo è, dice di chiamarsi Ariel, fa gli stessi commenti di mia madre quando guardiamo un film alla tv: -e allora? eh, io l’avevo detto! ma dove vuoi andare a parare?-. Raga Ariel siamo noi, è geniale. Prende gli oggetti di scena, è uno schiavo servizievole. Prospero rassicura la sua bambina, era arte magica, non è accaduto niente ai naufraghi.
Inizia il racconto della sua e loro storia, i motivi che lo hanno spinto a questa azione: lui era il duca di Milano; quando Miranda aveva tre anni ha delegato al fratello i suoi compiti per potersi dedicare alla solitudine e alla cura della mente per mezzo della lettura. Echi di voci in sottofondo, Sinisi e un ragazzo con il codino giocano con il mixer, siamo davvero su un’isola fantastica, sta Tempesta mi piace da morire! Il racconto di Prospero per Miranda non è avvincente, rischia di farsi ‘na sonnecchia, parla del tradimento che ha subito da suo fratello Antonio, di quest’isola che è diventata il suo regno, la loro casa. Da qui iniziano i botti di Santa Rosalia, pem, la commare pettegola alla finestra che racconta il tradimento dei fratelli in dialetto siciliano, presa poi a sfrangate con palloncini d’acqua, pem, gli spiriti dell’’aria, gli spiriti dell’isola, vittime dei social, dei luoghi comuni, pem, l’ubriaco che si chiama Trinculo, di nome e di fatto fra l’altro, a lui ci pensa infatti (pem) Calibano che arriva da piazza La Corte, un uomo che è una donna legata a una catena, pare Myss Keta, con gli altri spettatori, quelli della movida andriese, che si chiedono -uè, ciò ste a fé den’nd? (ué, che stanno facendo là dentro?)-.
E anche noi, pubblico in una sala sotto il cielo, ci chiediamo se quello che stiamo guardando è davvero il risultato di un laboratorio costruito in pochi giorni, se Prospero e Antonio davanti a quel piatto di spaghetti, oltre a litigare e fare i palloncini con la chewing gum, ci stanno a piglià per culo e lo spettacolo è alla trentordicesima replica.
Ma io sta tempesta di Sinisi non è che l’ho capita bene… forse perché quella di Shakespeare non l’ho letta.
Sì, ok. Ma su google ci metti dieci minuti a farlo eh!
Abbiamo visto Showville
di Michele Sinisi
al Palazzo Ducale di Trani
Riferimenti:
Festival Internazione di Andria | Castel dei Mondi
Note:
Estratto del contributo redatto per la rivista La Controra, Laboratorio Teatro e Critica, Andria