Furto 29 – Destra, sinistra, seduta
Destra, sinistra, seduta.
Oggi ho pranzato in balcone.
Lei è sempre lì quando stendo i panni della lavatrice. La osservo, la sua casa è poco più in alto della mia, dirimpetto. Il suo piccolo angolo d’aria esterno è pieno di oggetti, un piccolo tavolo, una sedia, delle cose arrugginite che fatico a pensarle usate. Lei è lì e percorre il balcone da destra a sinistra, varie volte, guarda giù, e poi si siede. Subito rinsavisce, è come se ricordasse qualcosa di importante, si alza di scatto, entra dentro e scompare. Poco dopo ritorna, io sto ancora stendendo i panni.
Destra, sinistra, seduta.
È così anziana.
Sembra che il tempo le abbia insegnato ciò che ancora io chiedo. Le rughe sul volto, una sottana bianca che poco nasconde un corpo maturo, senza pudore, senza alcuna vergogna.
Oggi è ferragosto, un ferragosto caldo e malinconico. Io sono a casa, ho bisogno di aver cura di qualcosa, e i pensieri roteano come gli occhi da ubriaco. Lei è lì, come ogni giorno, e io mi affaccio all’ora di pranzo, è mezzogiorno e mezza. Su quel tavolo di legno che il tempo ha schiarito lei ha steso una tovaglia, azzurra. Sopra non c’è nulla, neanche un bicchiere, un tovagliolo, neanche una bottiglia con la quale dissetarsi da quest’afa strappafiato.
Destra, sinistra, seduta.
È una danza.
Scompare dietro l’ombra della camera, viene fuori con un piatto. Si siede, lo tiene in mano, inizia a mangiare. Non ho panni da stendere oggi, la casa profuma di lavanda e vaniglia, ho acceso una candela, chi l’ha detto che le candele si accendono solo d’inverno, sono scalzo. Entro in cucina, c’è il gelato di qualche giorno fa. Lo prendo senza capirne esattamente il motivo, non ho fame, afferro un cucchiaio col manico rosso, una sedia e torno sul balcone.
Mi siedo, inizio a mangiare.
Non si accorge di me, chissà che starà pensando. Rimaniamo così per un po’, non so dire bene quanto. Seduti uno di fronte all’altra a pranzare assieme, in un ferragosto caldo e malinconico.
Destra, sinistra, seduta.
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