Apri il cancello. E sorridi
Apri il cancello, non siamo in una prigione, fai entrare la luce, l’aria, getta lo sguardo oltre, allarga l’orizzonte, fai volare i pensieri. Respira, respira, respira. Accendi la candela profumata, divarica le narici. Stai nel qui e ora ma sappi che ci sarà ancora altra vita dopo questi giorni di palpiti, lacrime sommesse, pianti, denti digrignati e parole rabbiose seminate nel vento.
Il verbo curare non sempre apre la porta al verbo guarire ma avere cura, prendersi cura può addolcire certe ferite che ancora sanno di sale dopo anni che paiono infiniti. Apri le braccia e lascia che mi prenda cura di te. La crema sulle gambe screpolate non è inutile, fosse anche soltanto per un giorno ancora, varrebbe la pena viverlo indossando la pelle migliore. Ringrazia per ogni granello di vita che scorre ancora nella tua clessidra, piazzati sotto quella cascata e spalanca in alto le braccia per accoglierla. Sorridi, ché a ingrugnirti sprechi energie. Sorridi, ché a ingrugnirti finisci per restare da sola. Sorridi, ché a ingrugnirti ti avveleni l’anima.
L’acqua amara è il sapore della vita che scivola via, il calice che da qualche parte sta stipato per ognuno di noi. Le labbra che sorseggiano disegnano una smorfia di disgusto per un’esistenza, la tua, che non ti è mai piaciuta granché. Le zollette di zucchero ti fanno salire la glicemia ma ogni tanto qualcuna di stramacchio te la concediamo, perché la vita ‘a vvote se mette a fa ‘a zoccola. Un miagolio delicato mette in moto la macchina del tempo e nello specchio del passato si riflette la tua immagine di ragazza sul terrazzo di quella casa principesca con vista sul golfo mentre allatti con il biberon il micio che ti hanno regalato, forse per anestetizzare la solitudine.
Apri il cancello e nel gioco delle parole crociate, che tanto ti piace, sostituisci il verbo rassegnarsi con accettare e sorridi. Metti su quel vinile, chiudi gli occhi e danza al ritmo della puntina, come se questa vita non dovesse finire mai.