La zona cieca
Si definisce “zona cieca” quella parte di noi evidente agli altri ma inaccessibile a noi stessi. È una zona pericolosa perché ci lascia in mano a terzi brancolando nel buio di un’inconsapevolezza non ricercata. Ci penso spesso alla zona cieca, alla mia e a quella altrui, persone che ho conosciuto, altre che ho guardato da lontano. Mi domando quale sia la vista dalla mia, se la sensibilità sia un’arma a doppio taglio: protezione e maledizione, punto di entrata troppo molle e permeabile. Quando si arriva a vedere questo quadrato di noi, quest’area grigia e tratteggiata incapace di trattenere qualsiasi tipo di colore?
Quante volte ci siamo presentati, abbiamo stretto mani, dato baci sulle guance degli sconosciuti senza conoscere le rispettive parti cieche? Persino le macchine ne hanno una. Deve essere una semplice legge delle cose che continua a sfuggirci: non possiamo vedere tutto né di noi, né di nessun altro. Dobbiamo prendere confidenza con ciò che non vediamo, accettare che un altro lo possa scoprire. Un po’ come quando si va al mare. Passiamo minuti preziosi ad abituare le gambe alla temperatura dell’acqua, poi la pancia, poi le spalle. Fino a prendere il largo fiduciosi di stare a galla anche lì dove non si vede il fondo. Allora è per questo che non sapremo mai quanto ci ama chi dice di farlo. Non sappiamo cosa ha visto lì dove non riusciamo a guardare, in quello scantinato incastrato da qualche parte, inaccessibile proprio a noi che lo possediamo. Forse è per questo che non esiste nessuna unità di misura per l’amore.
Quante volte ci siamo presentati, abbiamo stretto mani, dato baci sulle guance degli sconosciuti senza conoscere le rispettive parti cieche? Persino le macchine ne hanno una
Dovrebbero aggiungerlo alle promesse di matrimonio: “io prendo te e la tua zona cieca”, prendo tutto, anche quello che non sei, che non sai ancora, che forse non saprai mai. Lo prendo lo stesso, e tu non potrai mai quantificarlo. È questa logica sfocata e intermittente che mi tiene attaccata al concetto d’amore, che mi fa fermare a guardare una coppia segnata da una vita insieme, dai detti e dai non detti. Dalle mancanze, dalle assenze. È questo strano gioco delle parti che mi fa pensare a tutti i “non”, ai non fatti, i non vissuti, i non possibili.
Non se ne esce più, ma mi viene da sorridere pensando che forse siamo più amati di ciò che crediamo. Chissà quanto c’è da amare in questa zona cieca.