La donna è una bestia da soma – “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf
Senza mezze parole: la donna è una bestia da soma, da sempre, da sempre nei secoli e ancora succederà. Non diamoci pacche sulle spalle, non rallegriamoci degli enormi passi in avanti compiuti dal genere femminile, all’interno del quale bisognerebbe aggiungere quella pletora di espressioni del femminino che nulla ha a che vedere col fatto che sei nato col pisello o con la fessura. Essere femmina, come essere maschio, è un’indole, una vocazione, un sistema complesso di sensazioni e sentimenti. Ma in un vortice culturale regressivo come quello attuale, dove la politica è un vero fenomeno da baraccone, pare che tutto questo dia fastidio. Così come hanno sempre dato fastidio le donne ad una certa tipologia di persone, quelle che detengono il potere, di qualunque genere. È sempre una questione di relazione servo-padrone, come dice la potente Marianella Bargilli-Virginia. Stabilisci una relazione di asservimento, o meglio creala, obbligala, indirizzala e chi ne è vittima assottiglierà sempre più le proprie ambizioni per non morire del tutto.
È sofisticato questo atto unico della durata di circa 70 minuti. A partire dalla scrittura di Gian Maria Cervo, colta, a volte pindarica. Somiglia ad un treno che parte all’improvviso; se sei riuscito a salirci, ti calamita per tutto il resto del tempo. se non sei stato pronto a scattare con lui fai la fine della mia vicina di poltrona, tutta d’oro vestita, comprese le preziose pantofole, che è giunta ad un abbiocco salvavita (per lei) dopo circa 15 minuti. Ma dopotutto, rimanere da soli in stazione credo sia tutt’altro che piacevole… Una stanza occupa tutto il palco, è la stanza di Virginia Woolf e idealmente di tutte le donne del mondo. Un luogo privilegiato, un lusso forse, foss’anche fatto di paglia e fango, ma pur sempre un luogo proprio, troppo spesso invece una privazione, invocata dai padroni, perché senza il sé ti smarrisci e pure la condizione di servo ti pare amabile! Volano le parole, volano i ricordi in un contrapporsi continuo tra la Bargilli e un altrettanto bravissimo ammaliatore come Rosario Minardi, che con maestria introduce un racconto di donna dopo l’altro, che spaziano da Judith Shakespeare ad Artemisia Gentileschi, dalla napoletana Rox in the Box a Michela Andreozzi. Amiche alcune? Di sicuro! Miti le altre? Certamente!
Della Bargilli e di Minardi ho accennato un po’. Non li avevo mai incrociati nei teatri, per cui, ieri sera, mia somma sorpresa! Marianella è attrice, ma di quelle che proprio rientrano nell’immaginario di chi ama gli attori di teatro. Quel recitare sapiente, con mestiere, con atteggiamento, quasi esponente di un’altra dimensione. Avrà studiato danza, è palese, e questo rende il suo recitare ancora più magico, attrattivo, seducente. Sembra vera, talmente sa fingere bene. E chi va a teatro sa di cosa sto parlando. Un particolare mi ha attratto: le si era quasi sciolto lo chignon e lei seduta alla scrivania, in scena, l’ha nuovamente legato con un elastico. È stato bello, l’attrice è una persona prima di tutto, normale, anche sul palco, ricordandomi la matrice realista dell’arte teatrale. Minardi si è rivelato un formidabile compagno di lavoro. Pronto, ironico, tempi perfetti, con il plus di un animo da mimo, ha contribuito enormemente alla riuscita di una narrazione sicuramente non per tutti.
Bella la regia. Ci pensavo durante la performance, ogni volta che i due protagonisti in scena si muovevano, si accucciavano a terra, allungavano una gamba, scalciavano! Mi chiedevo: cosa avrà fatto o detto Alessio Pizzech mentre si costruiva tutto questo? Cosa avrà detto ai suoi attori la prima volta che li ha incontrati? E quando la Bargilli si arrotolava su sé stessa, gliel’avrà spiegato solo a parole o lui stesso si è coricato sul tappeto? Ho avvertito l’intervento di una mente che aveva esattamente chiaro in testa cosa dovesse succedere su quelle tavole. Un inprinting specifico, come una bella mano di colore a dare ancora più spessore all’opera. Anche Pizzech mi era artisticamente estraneo, anche lui una bella sorpresa che mi auguro di rivedere in altre produzioni.
“Una stanza tutta per sè” è stato rappresentato in un luogo speciale, la Reggia di Capodimonte di Napoli, all’interno del “Campania Teatro Festival“. Onestamente non so quale sarà il futuro di questo spettacolo, ma dovesse capitarvi di averne notizia, non perdetelo!