Continuo il viaggio
Mi sento in bilico e orfana perché il Maestro oggi ci ha lasciato.
Franco Battiato nella mattinata di un giorno di maggio è andato via e se qualcuno l’ha definito figlio di Sicilia io, invece dico che mi sento orfana di un padre. Quando scrissi il mio primo brano per Facciunsalto avevo immaginato di percorrere a piedi le strade della mia città mentre nell’aria e per le vie risuonava la voce di un’altra anima sicula: Giuni Russo che cantava assieme allo scirocco e all’aroma del caffè e a Franco Battiato. Mi commuove sino alle lacrime sapere che non ci sei più, che la fragilità della materia capace di infiacchire le anime ha avuto la meglio sul tuo corpo. L’etica e la rivolta al proprio corpo dicevi fossero gli elementi della tua esistenza. La chiave dell’immaterialità era la tua voce e con le tue canzoni hai cercato porte e le hai spalancate. La tua fisicità unica, il tuo naso importante, il tuo modo originale di muoverti nello spazio, il tuo profilo, le tue movenze, il tuo divenire e il fluire per giungere fino a noi.
Della nostra isola hai fatto un ponte verso civiltà e tradizioni e culture che soltanto apparentemente potevano sembrare distanti da noi. Hai saputo trasformarla nella origine e nel fine.
Concentro il mio dispiacere in quest’abitacolo, ascolto la radio, dove non si parla che di te, sto andando al lavoro. So che chi ti ha amato prova le mie stesse sensazioni. Lo stesso dispiacere. La privazione.
Ho riflettuto sui tuoi testi, mi sono innamorata ascoltando le tue canzoni, ho dipinto con la colonna sonora delle tue melodie. Tu che con uno pseudonimo firmavi le tue opere, i tuoi dipinti. Perché eri mille persone in un’anima.
E ti ho visto danzare e comporre le sinfonie del tempo:
Che siamo angeli caduti in terra dall’eterno
Senza più memoria: per secoli, per secoli
Fino a completa guarigione
Ti sei fermato da Giuni? Credo di sì, posso sentire il rumore delle tazze di caffè, il profumo del gelsomino e di una sedia scricchiolante; incalzano i ricordi e il sentimento di pace, e mi ritrovo nel mondo, dove le vostre parole vorticano come foglie nel vento. Quel sentimento irreale, quel sentimento nuevo che scorre su altre sponde dove la musica traghetta l’anima. Siamo “impermanenti” dicevi e, ci ricordavi la nostra essenza. Dove dovremmo andare, mi chiedo. Dove stiamo andando?
La nostra isola oggi è più povera. Almeno è così che mi sento io.
Vivo come un cammello in una grondaia
In questa illustre e onorata società!
E ancora, sto aspettando, un’ottima occasione
Per acquistare un paio d’ali, e abbandonare il pianeta,
E cosa devono vedere ancora gli occhi e sopportare?
I demoni feroci della guerra, che fingono di pregare!
Eppure, lo so bene che dietro a ogni violenza esiste
Il male… se fossi un po’ più furbo, non mi lascerei tentare.
Come piombo pesa il cielo questa notte.
Quante pene e inutili dolori.
Così mi sento, un cammello in una grondaia.
Stasera prenderò i miei pennelli e dipingerò per te Maestro, adesso ti dico ciao, continuo il mio viaggio.