Quando finirà la quarantena
Quando finirà la quarantena andrò a trovare Filomena.
Sarei potuta andarci un sacco di volte quando era ancora a casa sua, a pochissimi metri dalla mia. Non avevo mai tempo, anche se c’era tutto il tempo del mondo.
Tornare a casa richiede un certo quantitativo di energie per me, ogni volta. E cerco di indirizzarle tutte al meglio. Filomena era sempre lì quando ci andavo, non cambiava mai, di fronte alla sua telenovela preferita, con la voce tremante e le stesse domande.
Io adoro i fatti passati, vivo praticamente di essi, lasciando correre un presente nel quale non mi riconosco e trovandomi di punto in bianco in un futuro senza sapere come ci sono arrivata.
Quando lo scorso Natale seppi che era stata ricoverata in una residenza sanitaria poiché era diventato difficile occuparsene, non ebbi alcuna emozione. Accolsi la notizia come una persona che ascolta le tragedie quotidiane al telegiornale senza fare una piega. Neanche ricordo se dissi: Salutamela!, ripartendo e tornando alla mia vita attuale, senza immaginare che da lì a poco la possibilità di spostarmi di luogo in luogo sarebbe svanita a tempo da definirsi.
Qualcuno del mio paese, che come me non si trovava lì, quando la quarantena non era che appena cominciata e sembrava ancora un gioco, mi chiese al telefono: Ma dov’è Filomena? Ho letto qualcosa che ha scritto il marito su Facebook sull’impossibilità di andare a trovarla. Eh sì… Risposi. Si trova nella Residenza Sanitaria di Bruzzano. Sicuramente avranno bloccato le visite per proteggere i pazienti.
Ero alla finestra, ed ho pensato solo allora: La prima cosa che farò quando potrò tornare a casa sarà quella di andare a trovare Filomena! Non mi interessa se Bruzzano è un po’ lontano: ci devo assolutamente andare!
le brave ragazze non vanno in giro, e non devono stare da sole
Io ero tanto criticata, perché andavo in bicicletta da sola! Mia zia mi rimproverava sempre, dicendo che non avrei mai trovato marito, perché le brave ragazze non vanno in giro, e non devono stare da sole. Ma a me non interessava, io amavo andare in bici con il vento tra i capelli, non mi è mai importato niente!
Non posso raccontarvi tutta la vita di Filomena, perché non la conosco neanche io fino in fondo, ma credetemi se vi dico che in quella frase era racchiuso tutto il suo mondo. Sì, continuai a pensare, quando finirà la quarantena andrò a trovarla!
Neanche due giorni dopo arrivò una telefonata da mio padre. Non mi chiamò dal cellulare, ma dal telefono fisso. Non so perché, ma le telefonate che arrivano dal fisso, dal fisso di casa per giunta, preannunciano sempre qualcosa di serio. Devo darti una brutta notizia. Papà è uno che non si vergogna di piangere, e infatti piangeva.
Morìu Mimma!
Attimi di silenzio infiniti, per realizzare.
Ma come? Che stai dicendo?
Eh… Ha avuto un infarto. Singhiozzi. Mi dispiace assai, amàra Mimma!
Ma Alessandro lo sa? Lo posso chiamare?
Alessandro è il figlio di Filomena, ed uno dei miei migliori amici di sempre.
Non lo so se lo sa… non chiamare ancora nessuno. Ancora non so niente.
Ma io qualcuno dovevo chiamarlo. Ed ho chiamato Nello.
Io, Nello ed Alessandro siamo un trio. A distanza, con le nostre vite. Completamente diversi. Siamo i punti di un triangolo scaleno. Qualcuno dovevo chiamarlo per condividere lo sconforto, la sorpresa, la tristezza; per realizzare, anche se per questo poi ci sono voluti dei giorni, che Filomena era morta da sola, triste perché non capiva il motivo per il quale non riceveva più visite dal marito, disperata perché non le bastavano quelle telefonate in cui piangeva e poneva domande senza riuscire ad accogliere le risposte.
Non mi sono mai sentita così in prigione come quel giorno. Era mercoledì. Ed io ero nel pieno del mio cazzeggiare sui social quando ho ricevuto la notizia. Per questo forse, l’unica cosa che mi è sembrato possibile fare, è stata quella di osservare due giorni di silenzio dal web, un lutto virtuale, un lutto in quarantena. E la cosa più rilevante di questi due giorni, per me, è stata quella di accorgermi che nessuno si era accorto della mia assenza. Nessuno aveva notato niente. Come quando Filomena, chiusa ormai da anni nella sua casa, è stata traferita nella residenza sanitaria: nessuno se n’è accorto, e tra quelli che lo sapevano niente più che un’alzatina rassegnata di spalle è accaduta.
Il venerdì successivo Filomena è passata per l’ultima volta dalla sua casa, mentre si trovava nella bara, sul carro funebre. Ho visto la scena tramite i racconti: mamma che usciva tutta bardata, vedendo zia piangere ha rivolto lo sguardo nella sua stessa direzione ed ha capito che stava passando Filomena da casa. I cuori si stringevano in questo saluto avvenuto quasi furtivamente, e per caso, perché le restrizioni sociali in questo periodo non hanno reso possibile fare altrimenti.
Così Filomena è stata portata al cimitero per una benedizione solitaria e silenziosa.
E adesso è lì.
Ed io la immagino andare per le vie del paese in bicicletta, giovane, libera e bella.
Senza sofferenze, a dispensare il suo bel sorriso incorniciato dal rossetto sempre perfetto.
Sì. Quando sarà finita la quarantena, andrò a trovarla.
Al cimitero.
E magari ci andrò in bicicletta.
Foto 1: credits Giuseppina Potentino (si ringrazia)
Foto 2: Foto di Luizmedeirosph da Pexels